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Nell'alternanza tra erranza della natura ed equilibrio dei sentimenti è compreso tutto: un tenero rapporto madre/figlio fondato: su gusti comuni e sulla passione per il teatro - centrale per la sua caratteristica di finzione ("Sai recitare?" "So mentire molto bene: per mio figlio ero un'ottima attrice"), sulla dedizione ("Saresti capace di prostituirti per me?" è l'inaspettato sondaggio di Esteban sulla madre, per nulla sorpresa) e sul segreto che ammanta la figura del padre, innominabile in un film di sole donne; una complicità tra madre e figlio brutalmente interrotta da un incidente atroce (la manifestazione della natura aberrante). A questo elemento di strazio iniziale che già predispone gli elementi di contorno come il teatro e la centralità delle donne, cominciando a evocare l'ossimoro essenziale di "natura aberrante", si aggiunge l'altro tema: il trascorrere inane del tempo, di cui il movimento a diapason è la rappresentazione spaziale. In questo caso non lenisce nulla e anche il pianto liberatorio sulla scalinata riguarda solo la rivelazione e quindi la condivisione della pena, non si porta via il ricordo del fatto atroce, né può attenuarne lo strazio. E questo è stato colto dal regista attraverso i passaggi frenetici dei treni che comunicano il passaggio del tempo, ma l'assenza di soluzione di continuità nelle sequenze di andata e ritorno fanno tristemente rilevare che la ferita non è sanata. Così si oscilla costantemente tra opposti sentimenti e situazioni, mettendo a nudo la caratteristica del melò di alternare nascite a morti, addii e ritrovamenti. |
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