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Torino Film Festival - 1999
Retrospettiva John Carpenter
Escape from New York (1981)
Cast:Kurt Russell, Lee Van Cleef, Ernest Borgnine, Donald Pleasence, Isaac Hayes, Season Hubley, Harry Dean Stanton, Adrienne Barbeau, Tom Atkins, Charles Cyphers
Durata: USA:99
Origine: USA
1999, quasi 2000. New York City, statistiche alla mano, è una delle città con il più alto tasso di criminalità non solo negli Stati Uniti, ma nel mondo.
Poco meno di venti anni fa la mente geniale e perversa di John Carpenter ipotizzava una "soluzione" al problema della criminalità newyorkese: trasformare l'intera isola di Manhattan in un immenso penintenziario, circondato da mura altissime sorvegliate ventiquattro ore su ventiquattro, dal quale era impossibile scappare. I detenuti, come autentiche bestie in un parco naturale, erano lasciati allo stato brado, liberi di formare comunità, di eleggere i loro leader, di uccidere, di esprimersi insomma secondo la loro natura brutale e irrecuperabile (una bella metafora, caustica e violenta, del sistema giudiziario statunitense, da sempre teso non al recupero del criminale bensì alla sua mortificazione e punizione - una bella metafora per uno Stato che, mentre si vanta di essere civile e si arroga il diritto di autoproclamarsi leader mondiale politico come culturale, si fa acceso sostenitore della "vendetta di Stato" attraverso la pena di morte). Una sola era la regola che vigeva su questo penitenziario, come il narratore non si fa scrupolo di avvertirci sin dall'inizio: una volta dentro non si esce più.
In questo mondo cupo ed infernale, sottolineato da una fotografia scurissima e da una musica martellante (composta da Carpenter stesso), dovela notte sembra non avere fine (si noti bene che "Fuga da New York", essendo del 1981, precede anche se di poco il ben più famoso "Blade Runner", che deve moltissimo a questo film, i cui effetti speciali furono assicurati - e da chi se no? - da James Cameron, che poi avrà ben presente questa esperienza, quando andrà a ricreare il mondo allucinato e decadente di "Terminator") va a precipitare, grazie ad un dirottatore, l'aereo presidenziale. Il presidente si salva ma diventa immediatamente vittima dei prigionieri e del leader di essi, "il duca". Ad essere incaricato del recupero del presidente è un criminale con la fedina penale lunga un chilometro, cui viene promessa in cambio la libertà (ed anche iniettato un veleno che gli verrà neutalizzato al termine della missione, tanto per avere un'assicurazione in più). Interpretato da un grandissimo ed irripetibile Kurt Russel (che ancora a distanza di anni fa fatica a togliersi di dosso l'immagine di questo personaggio), "Snake" Plissken (diventato nella versione italiana inspiegabilmente Iena Plissken, forse grazie ad un direttore del doppiaggio nostalgico di tutte le storpiature operate con i personaggi di "Star Wars") è il modello perfetto dell'antieroe cupo e romantico, solido, tutto di un pezzo, che ricorda in maniera impressionante il "pistolero senza nome" cui diede un volto Clint Eastwood nella immortale "trilogia del dollaro" di Sergio Leone (e ad acuire questa somiglianza troviamo, nei panni del direttore della prigione che incarica Iena di portare in salvo il presidente un attempato ma sempre grandioso Lee Van Cleef) e che poi, nel cinema di Hong Kong, e' diventato l'assai più espressivo Chow Yun Fat di moltissime pellicole di John Woo, da "The Killer" a "A better Tomorrow". Oltre a Lee Van Cleef, tutta una serie di bravissimi caratteristi dà vita ai personaggi secondari (ricordiamo, tra tutti, l'attore che interpreta "Mente").
Difficile per lo spettatore di oggi, abituato ai ritmi vorticosi del cinema d'azione americano, pensare a "Fuga da New York" come ad un film d'azione. In effetti le scene d'azione non sono moltissime, il ritmo risulta in certi momenti addirittura statico, e la tensione sembra lasciare il posto a qualcosa di ben più serio e profondo: l'angoscia, il terrore apocalittico, una visione della società del futuro decisamente negativa e non auspicabile. Capostipite dunque, come già detto, di tutta una serie di film di fantascienza di lì a venire, "Fuga da New York" e' anche, tuttavia, una satira ferocissima a livello politico. Della critica al sistema giudiziario americano si è già detto. A questo bisogna aggiungere un ritratto del presidente della maggiore potenza mondiale come di un uomo profondamente vile, sempre pronto a veder morire gli altri pur di salvare la pelle, incapace di capire il valore di chi lo circonda e si apprezzarlo. Una macchietta ferocemente tratteggiata, il cui degno epitaffio sta tutto nella scena finale, dove di fronte a milioni di telespettatori si rende ridicolo mandando in onda, al posto della cassetta che assicurava la dismissione dell'atomica, un brano musicale. Eh sì, davvero, benvenuti nel mondo della razza umana.
Federica Arnolfo
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