C'è una lunga tradizione di infanzia e adolescenza addolorata nel cinema francese. Gli sviluppi non potrebbero essere più atroci e votati a una determinata autoaffermazione nichilista della volontà di distruggersi o riuscire a esiliarsi dal mondo adulto. Il rapporto morganatico dei protgonisti di Le Diable è corticale e si trasmette al pubblico. Le loro vicende terribili seguono una sorta di piano inclinato ovvio e consapevole pur nella loro follia, che risulta insostenibile, eppure avvincente, persino quando un ragazzino così giovane e disperato tenta di impiccarsi, addirittura quando viene colpito. Non esiste un'altra cinematografia così in grado di sentire il polso delle nuove generazioni e con un tale realismo, fino ad analizzare le bande giovanili, le dinamiche dei leader più violenti, le psicosi meno confessabili. Dove anche le prospettive delle strade portano a un unico punto senza speranza se non nei sogni di una casa con le finestre blu, quella del'infanzia sottratta, cancellata.
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Essere e avere
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