Brani tratti dal libro di Marco Revelli
Fuori luogo
Cronaca da un campo rom
[p.12: "L'idea era dunque di scoraggiare, mantenendo il più basso possibile il tasso di vivibilità di quel frammento di territorio invaso per non dover affrontare domani il disordine di un afflusso incontrollato, la rivolta dei cittadini offesi, la minaccia dei comitati, il degrado della democrazia municipale... Di sperare, cioè, che la durezza della natura l'avesse in qualche modo vinta sulla resistenza degli uomini (e soprattutto delle donne, e dei bambini)"]
[p17: "Sul fronte di Corso Cuneo era allineata una fila di vecchie roulottes. Più rottami che veicoli, ceduti dai rom slavi di più antico stanziamento nel vicino campo dell'Arrivore per circa 200000 lire l'una, in quel circuito di scambio informale che attraversa le tante comunità sommerse della città, e ne assicura la sopravvivenza. Ma subito dietro, i meno fortunati dormivano ancora nelle canadesi: una distesa di monticelli sull'erba, alti non più di un metro, ricoperti di stracci che li facevano assomigliare più ad avvallamenti naturali, o a tane di talpe, che a ricoveri per uomini. Passandovi accanto, nel buio della sera avanzata, si potevano sentire voci sommesse che sembravano uscire dalla terra, qualche pianto di bimbo, e un odore greve di umanità ammucchiata."]
[p21:"Ho visto più sorrisi qui in un giorno, che nei 142 Consigli di Facoltà cui ho finora partecipato nella mia vita, o nelle 64 sedute del consiglio comunale di Torino che ho dovuto subire in questa legislatura, o nelle settimanali spese al supermercato ... Ho avvertito più intensità di vita in questo spazio tremendamente vuoto di cose che nel resto di questa città esistenzialmente morta sotto la superficie del traffico e delle vetrine."]
[p 24:"con un altro sistema di relazioni, i costi di sopravvivenza di un gruppo possono fare un salto di scala verso il basso non solo quantitativo, ma qualitativo. Il loro costo della vita è incomparabile con il nostro, anche se apparentemente vivono nell'identico spazio economico ... Intanto perché non vi sono spese per quello che per noi è diventato un comfort vitale: zero costi per la casa, zero costi per riscaldamento, telefono, luce... forme di economia informale, basate sullo scambio non monetari o di prestazioni utili, sulla gestione comune e gratuita (fondata appunto sulla reciprocità) dei servizi e delle persone... Internalizzando sotto forma di legame ciò che noi esternalizziamo sotto forma di consumo. Trattando come valore d'uso ciò che ormai noi abbiamo riclassificato da tempo esclusivamente come valore di scambio"]
[p28:"Questa comunità funziona così: questi nomadi non rubano (nessuna denuncia penale è mai stata indirizzata a nessuno dei residenti al campo, nessuno scippo, furto, danneggiamento è stato rilevato in un raggio assai ampio intorno al campo); questi nomadi, quando possono, lavorano (in nero, gli uomini, soprattutto nell'edilizia, come muratori o carpentieri, per quattro lire; come assistenti domestiche, ancora in nero, le donne, comprese quelle all'ottavo mese di gravidanza); questi nomadi invocano per i loro figli la possibilità di andare a scuola, come avevano fatto al loro paese; questi nomadi ripetono senza stancarsi che rispettano le leggi di questo paese come fossero le loro (e ne ricevono in cambio derisione e indifferenza)"]
[p34:"Si arriva persino a discutere la soluzione più ragionevole e civile, varie volte avanzata dalla cooperativa Senza Frontiere e sempre inascoltata: dividere la comunità rom in gruppi di un centinaio l'uno affidando a ciascuno di essi una delle tante scuole comunali in abbandono che con il loro lavoro e con l'appoggio della cooperazione sociale, essi si impegnerebbero a restaurare e a restituire in ordine in primavera, superata l'emergenza inverno. I costi dell'intera operazione sarebbero minimi, e si inaugurerebbe un percorso esemplare per riqualificare l'immagine dello straniero in una città che riconosce come unica fonte di legittimazione il lavoro. E per restituire alla dignità uomini ridotti finora allo stato servile."]
[p.53: "Il colpo più duro, lo assesta, alla fine, lo Stato centrale. Sabato 5 dicembre viene consegnato a ogni capofamiglia un Decreto della Questura di Torino - Ufficio Stranieri. Redatto in doppia lingua, come si addice ad una buona burocrazia nell'epoca della globalizzazione, reca ben chiara in inglese l'intestazione: Deportation Order. Una formula ben più esplicita, e meno ipocrita della più farraginosa formulazione italiana Decreto di espulsione con intimazione." ]
[p.58: "Il giorno dopo, in centoquattordici, aspetterano per ore, nel freddo dei 5 gradi sotto zero, davanti al Tribunale - in strada, perché di accogliere nell'atrio riscaldato gente così diversa non se ne parla neppure -, che un cancelliere registri gli atti, a uno a uno. Senza una parola di protesta, o un gesto di stizza. Fila scura e silenziosa, sul marciapiede, contro il muro bianco del Palazzo di giustizia. Sono pazienti i rom di corso cuneo e di via Germagnano. Hanno la pazienza di chi non si aspetta nulla. E sa di non avere diritti. Noi, nei momenti di disperazione, parliamo di azioni esemplari, immaginiamo occupazioni di chiese come i sans papier francesi, prese di possesso di scuole abbandonate, manifestazioni pubbliche. Loro guardano già la strada che li porterà altrove. In un luogo meno esposto, in na periferia più defilata dove infrattarsi, in un campo meno contrastato. É impossibile, e sarebbe sbagliato, aspettarsi da loro una qualche forma di resistenza: l'atto del resistere presuppone comunque diritti, possibilità di parola, un peso. E loro sono leggeri. Terribilmente leggeri, come atomi nel vento che ogni minima pressione sposta e porta via. Sanno che andare è il proprio destino, se vogliono sopravvivere. Hanno imparato che quando il mondo si muove contro di loro, è meglio assecondarne il movimento, farsi più in là, lungo la linea di minor attrito."]