Remzjia




Di nuovo affiora la capacità sintetica del regista di La seconda volta: quando si arriva all’Arrivore, appena superati i resti della recinzione, una delle prime costruzioni che offendono l’occhio non sono certo le povere case di legno delle famiglie che abitano qui dal 1972 e anno dopo anno sono state rinforzate, abbellite, rese abitabili; bensì l'insulto è portato dall’edificio sventrato che torreggia come una rovina di Banja Luka, la città natale di Remzjia, ed entra nel video come per caso facendo parte dei sei stacchi in successoine su macchina fissa concentrici al luogo dell'azione: la casa di Remzjia. Però quel fabbricato diroccato persiste sulla retina, finché alla fine dei 22 minuti di montato un Revelli indignatissimo lo indica come emblema dell’atteggiamento gadjo nei confronti degli "altri", facendolo riemergere dalla memoria dello sguardo, mentre parla degli amministratori di Venaria e della distruzione del campo di Via Cuneo con le ruspe: "L’unica prospettiva che hanno voluto perseguire è lo sgombero. Era un disturbo e l’hanno cancellato con tranquilla ferocia burocratica. Questo nasce da una pesante cappa di ipocrisia che è un rimosso, come i tre miliardi di indigenti di cui non vogliamo accorgerci".


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