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Negato il tempo, le mutazioni riguardano solo la sfera emotiva, ed in questo ha ottimo gioco il registro melodrammatico, al quale si assomma la martellante iterazione di immagini (il tunnel, i treni), anche al di là del testo (la sequenza copiata da Il fiore del mio segreto): mette a nudo la ripetitività delle modalità del melodramma, divertendosi comunque a ripetere anche a comando l'effetto di commozione, evidenziandone la struttura, che è il vero movimento assegnato all'impresa filmica di Almodóvar, che attraverso le didascalie tutela il tempo del racconto (nell'accezione Metziana rieditata da Bettetini, secondo la quale "Il tempo del racconto è un tempo concluso, appartenenete a un mondo diverso da quello nel quale si instaura la comunicazione audiovisiva, un mondo che si è già dispiegato in tutta la sua attualità e che deve solo essere guardato o, meglio, mostrato a qualcuno"), ma al contempo lo maschera attraverso la cancellazione delle tracce del soggetto dell'enunciazione ("affinché lo spettatore abbia l'impressione di essere lui stesso questo soggetto, ma allo stato di soggetto vuoto e assente, di pura capacità di vedere"
(Bettetini, Tempo del senso, Bompiani, Milano 1979, pag.101). |