TODO SOBRE MI MADRE



Fanno parte di quella tradizione pop che non abbandona Almodóvar e che si esprime soprattutto in una maniacale attenzione ai colori degli ambienti, probabilmente descritti in quelle riviste degli anni '70 (la Movida, radice di tutto il cinema di Almodóvar) che Lola si è portata via, scomparendo. Si comincia col constatare il recupero, a livello fotografico, di una tavolozza alta, fatta di colori (blu e rosso) smaglianti e chiassosi, stesi in tono pulsante sugli abiti di scena, sulle pareti degli interni, sulle quinte di teatro. I cromatismi risultano sempre molto decorativi: la cartellonistica è diffusa nelle inquadrature inventate per rendere lampante l'archetipicità dei personaggi nei momenti in cui questi si trovano in relazione con le figure dei manifesti pubblicitari, la cui puntinatura da retino grafico alla Lichtenstein denuncia l'appartenenza al mondo degli stereotipi dello spettacolo, come il grande artista americano comparava le tecniche della pittura con quelle della grafica per cogliere dal loro conflitto gli aspetti di realtà possibilmente identificabili in un altro ordine di valori dello stesso livello, così il regista spagnolo confronta personaggi e loro immagini già formalizzate per cogliere la finzione che crei un nuovo sistema di immagini, reso unitario soltanto dal testo che va componendo, zeppo di "vivaci e inconsistenti emozioni" (Argan su Lichstenstein). Altra funzione dei colori è quella ludica: la cucina turchese e ocra o i divani coloratissimi sono palcoscenico ideale per lo scatenarsi dell'ilarità e dei momenti conviviali.

Senza contare che i colori "falsi" della ipocrita madre borghese di Rosa falsificano lo slavato Chagall in una casa iperdecorativa, ma senza gioia, in contrapposizione con la solarità del gineceo solidale, che si diverte a (tra)"vestirsi da troia", con indumenti leggeri dai toni sgargianti, che ancora provocano l'irritazione dei convenzionali benpensanti.

Grettezza e Falsitŕ: persino i Chagall sono falsificati


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