Come si organizzarono?

I tedeschi li costrinsero a scegliere fra di loro i membri del governo del ghetto, lo Judenrat, il consiglio ebraico. Tale organo doveva fornire alloggio e cibo alla popolazione, organizzare il lavoro, occuparsi dell'igiene, nonché far rispettare gli ordini dei tedeschi con l'aiuto della propria polizia. Il potere accordato diede , per così dire, alla testa ad alcuni presidenti dello Judenrat. É il caso di Chaim Rumkovski di Lódz che, credendo di essere diventato il re degli ebrei, fece battere moneta con la propria effigie. Si tratta tuttavia di rare eccezioni. Lo stesso potere indusse altri capi ad illudersi di poter salvare una parte degli ebrei facendoli lavorare per i tedeschi: gli ebrei si sarebbero resi così utili da obbligare i tedeschi a mantenerli in vita. In realtà la loro era una situazione disperata. Che cosa dovevano fare? Lasciare che il popolo se la sbrigasse direttamente con i nazisti, senza alcun tipo di organizzazione? O tentare in qualche modo di organizzare la vita o meglio la sopravvivenza, nonostante tutto? I membri degli Judenräte sono stati perfino accusati da alcuni di aver colaborato con i tedeschi allo sterminio del proprio popolo.

Ed è vero?

Più ci penso e più ho la sensazione che in pratica, una volta stretta la morsa, non ci fosse alcuna via d'uscita. I dirigenti ebraici erano chiusi in un vicolo cieco: qualsiasi cosa avessero fatto, sarebbero stati inun certo senso colpevoli. Non esistevano scappatoie. Perch, ala fin fine, erano tutti condannati a morire.

(Wieviorka, Annette, Auschwitz expliqué à ma fille, Parigi, Éditions du Seuil, 1999, trad.it. Auschwitz spiegato a mia figlia, Torino, Einaudi, 1999, pp.29-30)