Soltanto ciņ che si racconta č reale



Un universo fantastico che si muove in senso opposto ad Ang Lee, camuffando e nascondendo i prodigi e normalizzando le manifestazioni trascendenti, affinché il Male si confonda nel mondo. In questo paesaggio, desolato per progressivo svuotamento dei dettagli, s´insinua la scelta di collocare l´epilogo in uno scenario teatrale (scena kabuki di una tragedia ambientata in una scenografia nô?) con artificiali luci gialle: il coronamento del movimento progressivo documentato lungo tutto il film di quell´immaginario che solo può animare la realtà, poiché soltanto ciò che si racconta è reale.

Una posizione letteraria che ritroviamo nella disposizione dei comandanti, ripresi frontalmente al culmine di una lentissimo movimento di macchina: dall´alto della ripresa della sede della milizia, che raccoglie tutta la forza riunita dei samurai, scivola a inquadrare solamente i tre ufficiali che occupano lo spazio come nella scena kabuki rappresentata da Ichiyôsai Kunisada (1785-1864), nella quale si nota il demone sorgere alle loro spalle vestito di bianco.

E anche questo dunque appare desunto da quella tradizione in cui si colloca Oshima, dopo averla marginalmente allusa in Gishiki (La Cerimonia, 1971, dove già si affrontava la dicotomia tra irrazionalismo e razionalismo, l´ossessione della morte e i legami del clan): nel film di Mizoguchi lo stesso discorso si produceva attorno al dominio del vasaio sull´arte che smarrisce la dimensione dell´arte stessa lasciandosi trascinare dalla ricerca della forma per la forma, svuotata dei contenuti moralmente validi in nome di ebbrezza e voluttà, sacrificando tutto per inseguire la necessità della creazione che racchiude il segreto della bellezza. Nel caso di Oshima l´arte sono i corpi che incrociano le armi "danzando" e la bellezza è l´enigmatico volto di Kano, che trasgredisce il carattere "artigianale" dell´arte di combattere per inebriarsi in quello estetizzante di uccidere: la bellezza va negata per poterla cogliere scevra della sua componente demoniaca che distrae, conducendo a comportamenti irragionevoli e stravaganti, illustrati da Utagawa Kuniyoshi (incisore morto nel 1861) in questo In with the fortune, Out with the Devil.