E anche questo dunque appare desunto da quella tradizione in cui si colloca Oshima, dopo averla marginalmente allusa in Gishiki (La Cerimonia, 1971, dove già si affrontava la dicotomia tra irrazionalismo e razionalismo, l´ossessione della morte e i legami del clan): nel film di Mizoguchi lo stesso discorso si produceva attorno al dominio del vasaio sull´arte che smarrisce la dimensione dell´arte stessa lasciandosi trascinare dalla ricerca della forma per la forma, svuotata dei contenuti moralmente validi in nome di ebbrezza e voluttà, sacrificando tutto per inseguire la necessità della creazione che racchiude il segreto della bellezza. Nel caso di Oshima l´arte sono i corpi che incrociano le armi "danzando" e la bellezza è l´enigmatico volto di Kano, che trasgredisce il carattere "artigianale" dell´arte di combattere per inebriarsi in quello estetizzante di uccidere: la bellezza va negata per poterla cogliere scevra della sua componente demoniaca che distrae, conducendo a comportamenti irragionevoli e stravaganti, illustrati da Utagawa Kuniyoshi (incisore morto nel 1861) in questo In with the fortune, Out with the Devil.
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