Nato in Cile nel 1949, la vita di Luis Sepulveda sembra segnata da quel biglietto ricevuto dal nonno: «un biglietto per andare da nessuna parte», ma dove? chiese il piccolo Luis, «forse da nessuna parte, ma ti assicuro che ne vale la pena», ribadì il nonno. Il bambino all'epoca aveva solo undici anni, ma da quel momemto alzò lo sguardo e cominciò a interrogare gli orizzonti, alla ricerca di quella frontiera scomparsa che si sposta sempre oltre e dopo la quale si potrà forse entrare nei territori della felicità.
Da giovane Sepulveda si è impegnato nella difesa del governo cileno di Unidad Popular. Membro della guardia personale di Salvador Allende pagò la sua militanza con un soggiorno di due anni e mezzo nelle carceri di Pinochet e la successiva espulsione dal Cile. Viaggia verso Stoccolma, dove il governo svedese ha accoltola sua richiesta di asilo, ma si ferma a Buenos Aires, poi sarà la volta del Brasile, dell'Uruguay, del Paraguay e del Perù. Infine arriva inNicaragua, dove decide di combattere a fianco dei sandinisti. Partirà poi per la foresta amazzonica dove resterà a vivere per sette mesi insieme a una tribù di indios. Lì conoscerà Chico Mendes che lo incoraggia a scrivere. Continua a accumulare storie e vissuti ma non è ancora deciso a dedicarsi alla scrittura. Si rimette in viaggio alla ricerca di quella frontiera vicina e lontana del mandato familiare, arriva in Ecuador e poi, nel 1980 ad Amburgo dove oggi abita, anche se lui ci tiene a precisare che vive tra la Germania, Parigi e la Spagna, un non luogo che vuole negare i confini.
Racconta che in Chiapas un contadino lo ha reso felice dicendogli: «per noi è importante leggerti perché quando si sogna vuol dire che si è vivi e quando si è vivi si sogna. Cosí potreo convertire i nostri sogni in realtà».
(il Manifesto, 16 luglio 1997, pag.20,
Dimostrazione di Carlotto alla Moneda