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56ª Mostra Internazionale del Cinema
di Venezia
Nulla è andato secondo le previsioni, in questa 56a Mostra del cinema di Venezia, prima a gestione Alberto Barbera. Chi si aspettava le solite famigerate lunghissime file fuori dalle sale, dove puntualmente molti accreditati non riuscivano ad entrare, è rimasto piacevolissimamente sorpreso. Chi si aspettava le solite pochissime proiezioni dei film più attesi, si è dovuto ricredere: il solo "Eyes Wide Shut" ha goduto di ben otto passaggi, permettendo a molti di rivederlo. Chi si aspettava decine di film morbosi e pieni di scene di sesso, si è presto reso conto che i temi più ricorrenti erano ben altri: il tema del doppio, quello della scoperta dell'altro da sé, quello della coppia in crisi, quello della maternità. Persino le condizioni atmosferiche sono state le migliori possibili: non ha piovuto mai, il cielo azzurro ci ha accompagnati per tutti questi dieci lunghi giorni.
Certo, qualcosa qui e là è ancora da aggiustare (la selezione dei film italiani in concorso avrebbe potuto essere un po' più accurata, troppe interessanti proiezioni nella sfortunata sala Volpi, schermo piccolissimo e poco più di cento posti che rendevano impossibile l'entrata a meno di non posizionarsi nelle immediate vicinanze almeno un'ora prima, e l'ingresso vietato a culturali e professionali nella hall del Casinò è sembrato francamente eccessivo: qualcuno i primi giorni ha provato a sussurrare la parola "fidelio" alle guardie del servizio d'ordine appostate fuori dalla infernale porta girevole, ma è servito a ben poco...), l'assenza del banchetto di Ippoliti è pesata, ma il primo bilancio che si può trarre da questa prima prova di Alberto Barbera è decisamente positivo.
Anche il verdetto della giuria, coerentemente, è andato al di là di ogni possibile previsione: per la prima volta dopo tanti anni vince a Venezia il film più bello, nonostante sulla carta fosse "politicamente" svantaggiato (Yimou ha già vinto a Venezia, e con un film piuttosto simile a questo bellissimo "Non uno di meno"). Importante e significativo anche il premio speciale per la regia a Yuan, altra bella soddisfazione per Barbera, che ha voluto fortissimamente "Diciassette anni" in concorso nonostante il "no" delle autorità cinematografiche cinesi. Due bellissimi film, due evidenti prove che il grande cinema non parla solo inglese.
Unica concessione al "prevedibile" e alle ragioni "politiche", il Leone d'argento ad Abbas Kiarostami, che peraltro non ha esattamente brillato in sportività (a meno che quel "non parteciperò più ad un festival" fosse motivato da ragioni serie e profonde piuttosto che dalla normale stizza di chi si aspettava di vincere....). Meritate e accolte da numerosi applausi (anche dei giornalisti riuniti in sala Perla dove la cerimonia era videoproiettata) anche le due coppe Volpi.
Calato il sipario, ce ne possiamo tornare tutti alle nostre quotidiane occupazioni, magari al ritmo di quell' "unza unza" della band di Emir Kusturica che, festosamente, ha suonato per un manipolo di fortunati cinefili (era necessario un biglietto di invito) la sera di venerdì 10.
(Federica Arnolfo)
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