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Torino Film Festival 2000Incontro con James Toback

(Quanto segue è la trascrizione, per forza di cose parziale, dell'incontro che James Toback ha tenuto con il pubblico al termine della presentazione della sua personale al Torino Film Festival martedì 21 novembre 2000)

La tua filmografia si è rivelata essere davvero molto personale. Come sei riuscito a preservare la tua indipendenza?
I finanziamenti delle major lasciano ben poco spazio allo spirito originale dell'autore, a meno che nel cast non vi siano grossi nomi, ma sisogna considerare che questi spesso li scelgono le major stesse e che altrettanto spesso i grossi nomi accettano perché il oro compenso è molto alto e perché gli serve per mettersi in mostra. Un film indipendente conta per forza di cose su un budget limitato, spesso finanziato da capitali stranieri. Per cui il processo è inverso: si fa il film e solo dopo lo si propone alle major per farglielo comprare e distribuire. Chiaramente un attore che sceglie di lavorare in una produzione indipendente sa che non verrà certo pagato cifre astronomiche, ma spesso accettano perché per loro è una sfida tanto quanto lo è per me.

Ci racconti qualcosa di te?
Io sono nato e cresciuto a New York e non posso proprio dire che la mia vita sia stata spiacevole: ho avuto la possibilità di fare tante asperienze, ho studiato musica, provato droghe etc, poi ho cercato una forma artistica perché sentivo questa urgenza dentro di me ma non trovavo il modo per esprimerla.Ho provato a fare musica ma non ha funzionato. L'idea di fare cinema è venuta all'improvviso, e ad aiutarmi più di tutti fu il regista Karel Reisz, che credette molto in una mia sceneggiatura e si adoperò affinché potesse arrivare sugli schermi. Era il mio primo progetto, "The Gambler". Come spettatore sono molto passionale, ci sono dei film che per me rappresentano una esperienza assoluta ogni volta che li vedo.

Come si pone la tua figura nel panorama cinematografico americano?
Ma guardate, io ho grossi buchi a livello tecnico e li ammetto senza problemi: non sono Martin Scorsese né Godard. Diciamo che cerco di mettere tutto me stesso in ogni film che dirigo e non riesco a concepire un film se non come una opera completa, come potrebbe essere quella musicale.

Che rapporto hai con i tuoi attori?
Lo stesso che ho con le persone: diverso per ognuno. Non esiste una formula valida per tutti. Quando lavoro con gli attori cerco di instaurare un rapporto personae, perché è l'unico modo che conosco per ottenere da loro le reazioni che desidero. Per dire, io cambio spesso in fase di lavorazione la sceneggiatura di partenza, ed a volte lavoro solo con uno script appena accennato, perciò ho bisogno di lavorare con attori abituati a cambiamenti repentini o, meglio ancora, abituati a proporre loro idee durante la lavorazione. Ecco perché non mi piego al sistema hollywoodiano di scelta degli attori. Non che non mi piaccia lavorare anche con attori famosi, ma solo se si riesce, insieme, a scrollargli di dosso l'icona per la quale sono riconosciuti.

Che ci dici di Robert Downey jr.?
Ecco, Robert è un attore con cui ho avuto, dall'inizio, un rapporto di tipo quasi viscerale, nonostante mi fosse stato sconsigliato. Non sono mai riuscito a lavorare con altri come con lui. "Two Girls and a Guy" l'ho scritto soprattutto per lui.

Black & White aveva una sceneggiatura o è stato per lo più un lavoro di improvvisazione?
Un lavoro di improvvisazione continuo, più che in qualsiasi altro mio film. I dialoghi venivano sul set, avevo a che fare con attori (o non attori) di grande personalità e perciò li lasciavo esprimere, gli chiedevo "Cosa pensi sia il caso di dire in una situazione del genere" etc. Mi impongo solo quando è l'attore a chiedermelo, nel senso che esistono attori che lavorano bene solo con i dialoghi già scritti.

Come è possibile controllare un set del genere?
Non lo è, a meno che non hai a che fare con attori abituati a lavorare in un certo modo (anche perché, pagandoli cifre molto più basse di quelle cui sono abituati devono essere ben convinti del progetto). Per esempio in "Two girls and a guy" la scena nel bagno, il battibecco dove i tre si rubano la battuta l'un l'altro per una decina di minuti è stata possibile proprio lasciando briglia sciolta agli attori: ho girato circa tre ore di materiale poi ho montato i momenti migliori.

Perché la menzogna è così centrale nei tuoi film?
Pur non credendo in una vita di menzogne mi è capitato di raccontarne tante e so bene che fanno parte della vita di tutti i giorni. In più, due personaggi di un film che si mentono l'un l'altro creano da subito una situazione drammatica che può svilupparsi in modo interessante.

a cura di Federica Arnolfo