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reportage da festival ed eventi, interviste e incontri
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Torino Film Festival 2000Mini-recensioni ricevute da un lettore...

Pornostar di Toyoda Toshiaki, Giappone, 1998

Il film s'inizia con una carrellata in un vagone della metropolitana. Stacchi tra i volti dei passeggeri e il paesaggio che scorre fuori dai finestrini. L'inquadratura si ferma su uno dei protagonisti del film: parka con cappuccio alzato (sembra uno dei personaggi di South Park) e sguardo tra il duro e il catatonico. Quando esce dalla metropolitana, la mdp lo segue e a noi spettatori non può non tornare in mente la Bittersweet simphony dei Verve: infatti il giovane travolge e spintona tutti quelli cheincrocia sul suo cammino. Finché non si scontra/incontra con Kamijo, un "pappa" di Shibuya, che durante l'alterco perde il suo coltello. Da questo punto la narrazione, che finora era stata quantomeno interessante, perde la sua strada e il film perde i suoi spettatori (visto il numero di defezioni durante la proiezione). Tra skater della "gioventù yakuza", capi yakuza martoriati come puntaspilli, idromassaggi addobbati di pomodori, partite di lsd nascoste in cd portatili e prostitute che sognano la Summer of Love alle isole Fiji, scopriamo che in Giappone piovono - letteralmente - coltelli (e non pietre come in UK o Rane come in California). Parafrasando quello che ripete l'incappucciato, possiamo dire che di questo film: "Non c'è bisogno".

Tri Brata di Serik Aprymov, Kazakistan, 2000

È un film dai toni delicati e dall'andamento favolistico. L'ambientazione è quantomeno singolare, divisa tra un villaggio nel quale si aggirano solo i protagonisti bambini e un deposito di locomotive a vapore in cui lavora alla manutenzione il vecchio Klein. Insomma, quasi un mondo fantasma, fantasma di quell'impero che fu una volta l'Urss (come indicano le recinzioni ormai arrugginite o le scritte off limit prontamente disattese). Quasi un Bildungsroman di questi piccoli kazaki, le cui avventure vengono introdotte da veri e propri quadretti che titolano i "capitoli". I ragazzini sono tutti da premio ma è impossibile non menzionare il piccolo Chibut e il rapporto che lo lega al fratello maggiore, Tera. In poco meno di 90 minuti il regista mette in scena una storia emozionante e toccante, che viene, ahimè, raccontata dal sopravvissuto Chibut, ormai uomo e pilota di quegli aerei SU27 di 4&Mac246; generazione che hanno falcidiato fratelli e amici avventuratisi fatalmente in zona di tiro, alla ricerca di un lago inesistente e di donne affascinanti.

The closer you get di Aileen Ritchie, UK, 2000

Tocco magico per una commedia alla Full Monty, prodotta dallo stesso Uberto Pasolini e prossimamante in distribuzione con il titolo "Con la testa tra le nuvole". Gli ingredienti sono più o meno sempre i soliti: personaggi simpatici, ambientazione isolata, argomento sessuale... ma il risultato è comunque molto gradevole. Il gruppo di single di Donegal decide di invitare delle Miss Damiani a scopo matrimoniale. Le single, un po' stizzite, rispondono pan per focaccia durante la festa di Santa Marta con un gruppo di pescatori spagnoli.

Happy end garantito; da non perdere le performances di "toccata" del platinato macellaio: irresistibile!!

Angel di Neil Jordan, Irlanda 1982

Opera prima di Neil Jordan, è un film molto particolare. Stephen Rea, sassofonista di una band tra Mike e i simpatici e i Moloko, vede uccidere una giovane che gli si era affezionata. Una giovane dolce e muta (un angelo?). Ricordando alcuni particolari degli assassini, si trasforma in detective e punitore (angelo vendicatore?), scoprendo poi di essere stato l'esca per un gioco più grande.

In un'Irlanda quasi surreale nei suoi colori, la menzione d'onore va proprio ai colori... dei pantaloni di Rea: rosa, fucsia, rossi...

Guarda il cielo di Piergiorgio Gay, Italia 2000

Nuovamente "tre storie" legate stavolta non dalla tossicodipendenza ma dalle scelte lavorative di tre donne in tre epoche diverse, interpretate dalla stessa attrice (la bella e brava Sandra Ceccarelli, già protagonista di Tre storie. Anni 50: Stella è quasi ossessionata dall'idea di comprare un appezzamento di terra da coltivare a grano. Impone perciò delle condizioni al marito per non rimanere ancora incinta e perdere il posto come l'anno precedente. Tutto vano, ma in famiglia ritorna un po' di armonia. Anni 70: Sonia è studentessa in Legge e, ad un mese dal matrimonio vince una borsa di studio di quattro mesi a Roma. Che fare? Scelta difficile ma felice. Oggi: Silvia, telefonista in una ditta pseudo Postal Market, decide di aderire allo sciopero mentre il marito, addetto al reparto imballaggi, non è d'accordo. Tra beghe sindacali, tensioni familiari e capi del personale, Silvia si vede a un bivio; ritornare al lavoro e salvare il posto al marito o continuare nello sciopero? Anche in questo caso, scelta alla fine felice.

Gouttes d'eau sur pierres brûlantes di François Ozon, Francia 1999

TRatto da un dramma in cinque atti di Fassbinder, è il terzo lungometraggio di Ozon, già conosciuto da noi per il suo caustico Sitcom. È la storia del rapporto tra il signor Leopold Bloom e il giovane Franz: praticamente padrone/schiavo in un crescendo di vessazioni psicologiche, ogni tanto stemperate da elementi surreali (il balletto dell'ultimo atto), ma che si intuisce debbano naturalmente sfociare in tragedia.

Tresses di Jillali Ferhati, Marocco 2000

Deludente questo film marocchino che partiva bene, almeno sulla carta. Uno stupro, commesso dal figlio di un avvocato candidato alle politiche. La vittima, sorella della domestica dell'avvocato. Un marito in carcere che può sperare solo nell'intercessione dell'avvocato. Un fratellino a conoscenza della verità e vendicatore suo malgrado. Un cantastorie venditore di uccellini. Tutto messo insieme ma, decisamente, non amalgamato.

Love/Juice di Shindo Kaze, Giappone 2000

Il film è quello che in giapponese potremmo definire kawaii, cioè carino, grazioso. Si apre su un club in cui si balla drum'n'bass (colonna sonora dei film di questa edizione del festival, visto che nel film di Gay fanno una comparsata anche i Royalize), si sposta in bagno, in cui due ragazze fumano erba in una pipetta. Sono le due protagoniste: Chinatzu (lesbica) e Kyoko (etero). Vivono insieme in armonia apparente, poiché Chinatsu è innamorata di Kyoko la quale è invece attratta dal commesso del negozio di pesci tropicali. Il film prosegue seguendo le ragazze in discoteca, nel club dove lavorano come "conigliette", nei loro giri fotografici, nelle loro litigate, nelle loro esperienze sessuali, nelle loro fumate e via così. Insomma, carino con spunti interessanti. Ad esempio: 1. La crudeltà del pasto dei pesci, piraña o carpe che letteralmente dilaniano i piccoli esci rossi; 2. Le belle immagini, spesso speculari (la posizione fetale finale, che ricompare in Requiem for a Dream)); 3. Il fancazzismo dei giovani giapponesi (ma non dovrebbero essere tutti nelle loro brave daigaku?) 4. Un finale aperto: Chinatsu è veramente andata via oppure, come sentiamo in un discorso del film, è dentro la pentola e sta per diventare un tutt'uno con Kyoko, proprio come voleva?

Wasure Rarenu Hitobito di Shinozaki Makoto, Giappone 2000

É una copa dei Toko Monogatari di oziana memoria, condito da esplosioni alla Kitano. Anche qui, come in Ozu, abbiamo il difficile rapporto tra le persone anziane e i giovani, tra un mondo che è ormai passato ma che pur mantiene degli ideali puri e un mondo cinico e folle (si veda l'indottrinamento dei giovani alla Utopia corp.). Per farla breve, la storia ci presenta tre settantenni, ancora sconvolti dalla 2¡ Guerra mondiale che si ritrovano per ricordare il 22 aprile 1947, per loro data della fine del conflitto. I tre protagonisti, il burbero, il simpatico e il duro devono fare i conti con una corporation che ha intenzione di derubarli dei loro averi, facendo leva sulle loro paure o sulla loro impotenza di fronte a una malattia incurabile. Così i tre amici vestono di nuovo i panni dei guerrieri per raddrizzre i torti subiti in un finale grandguignolesco di pistole e katana. In realtà, se escludiamo questa scena, il film ha dei toni estremamente delicati ed alcune situazioni, come ad esempio il rapporto vecchio/bambino, la costruzione degli spazi dati dai shoji, le pareti scorrevoli delle abitazioni giapponesi, o ancora (e soprattutto) i piani d'ambiente - immagini del quotidiano accomapgante da rumori nella parte finale - non possono non richiamare quel capolavoro che fu Tokyo ga di Ozu.

I nostri anni di Daniele Gaglianone, Italia 2000

Film lucido in tutte le tonalità del bianco e nero che si possono immaginare. Un inizio conturbante: un vecchio in una stazione ferroviaria (Porta Nuova a Torino) le cui colonne diventano alberi di una radura montana; il suo sguardo è sperso e francamente Alberto (questo è il suo nome) fino al suo arrivo in un pensionato sembra anche un po' rincoglionito. Al contrario Natalino, che vive in montagna, sta lucidamente raccontando la propria esperienza partigiana, vissuta con Alberto e il defunto Silurino a due giovani che, intervistandolo, girano un documentario sulla memoria. Ma ecco che pian piano, lungo la narrazione, i ruoli vengono quasi a scambiarsi.

Alberto ritrova l'ardore giovanile nella voglia di vendicarsi, avendo riconosciuto in un pensionante, Umberto, il capitano delle brigate nere; Natalino è più titubante, connotato anche da un'auto che li blocca per una foratura o un distributore che non accetta le sue 10000 lire.

Finale addirittura grandioso, su un sorriso illuminato da un freddo sole autunnale. Imperdibile poi la risposta di Natalino ai soliti "c'era la guerra... obbedivamo a degliordini... eravamo soldati...": "No, io ero solo un ragazzo".

Requiem for a Dream di Aronofski, Usa, 2000

Una bella mazzata allo stomaco. Come molti degli spettatori (applaudenti) in sala, vorrei ringraziare Aronofski per averci evitato la primavera, perché non penso che avrei retto oltre.

Per quanto breve, mai riassuntino del programma è stato più esauriente: un film sulle diverse dipendenze. Nell'arco di tre stagioni - estate/autunno/inverno - assistiamo alla parabola discendente della signora Goldfarb (drogata di tv e, per essere come la tv vuole, conseguentemente drogata di pasticche per dimagrire e quindi "fritta") e del figlio Harry (tossicodipendente con la fidanzata Marion e l'amico Tyler, tutti destinati a un impietoso finale). Lode ad Aronofski per un film che smentisce la fascinazione della droga (quanti incubi avrà provocato quella bocca cronenberghiana che si spalanca nel braccio tumefatto di Jared Leto?); ma lodi sperticate al cast anche. Ellen Barstyn, da Oscar e Jennifer Connelly - riporto fedelmente - "carina quando è acqua e sapone ma strafiga quando è truccata!". Registicamente impeccabile (dai flash delle dosi al fast forward allo spllitscreen alla fotografia di Libatique...), psichedelico quanto basta, questo Requiem for a Dream merita, come in una guida Michelin, le mie piene tre forchette.

American Nightmare di Adam Simon, Usa 2000

Lungometraggio dedicato al decennio '68/'78, ovvero uno dei periodi più prolifici del cinema horror. Se ancora ce ne fosse stato bisogno, attraverso quei quattro geniacci di Romero, Carpenter, Cronenberg e Craven (ri)scopriamo il piacere di film altamente politici ed eversivi. Film che ora, purtroppo, non si fanno più. Smorzerei quindi i toni del Bruiser di Romero (definito da più parti un capolavoro?!) il cui tema del'uomo troppo buono che, perdendo la sua identità, cede al lato oscuro. É più o meno Un giorno di ordinaria follia mescolato al Fantasma del palcoscenico (il costume del protagonista alla festa) e a DArkman con in aggiunta l'incubo (quello sì!) del possibile sequel!

Yek Rouz Bishtar di Babak Payani, Iran 2000

É con le dovute distanze l'In the mood for love del medio oriente. Un uomo e una donna, soli (sono vedovi) e divisi (anche dalle barriere architettoniche dell'autobus), innamorati eppure destinati alla solitudine. Molto interessanteanche se un po' lento (ma d'altronde è iraniano) ha un finale di quelli struggenti che però il pubblico non sembra aver apprezzto. Mah?!

The boiler room

Copia carbone del più bello Wall street (qui citato in VHS nelle personali interpretazioni dei giovani yuppies), manca però di una figura come Gordon Gekko. Se aggiungiamo poi che Giovanni Ribisi per me è sempre il fratello scemo di Phoebe e che i suoi pianti sanno di "vorrei essere De Niro ma non posso"....

Da salvare comunque in un inverno piovoso indecisi tra Bodyguards di Neri Parenti o Pokèmon 2, soprattutto per la scena dell'abbonamento telefonico.

Room to rent

Carino in alcuni momenti (su tutti lo scooter con stereo adesivato e Khaled per Londra) ma mediocre nei più e vietato ai diabetici nel reincarnato finale. Ancora non riesco a spiegarmi lo scrosciare di applausi e la menzione della Holden... Frose per ilplot geniale di emigrato aspirante artista, gallerista ninfomane, sosia svampita di Marilyn e fotografo gay buono e comprensivo. Dovremmo rivalutare Neri Parenti!

Fulvio Faggiani