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LOCARNO 60 VERSUS VENEZIA 75

Locarno, notte. Piazza Grande, l'entusiasmo della festa / festival dentro di noi e i fuochi artificiali sopra di noi, ed ecco che 9.000 spettatori si siedono in un'atmosfera fra lo stadio e il cineclub intellettuale, strano ma vero, su 9.000 poltrone chiazzate di nero e di giallo - il (leo)pardo è, non a caso, il simbolo del Festival del Film di Locarno, giunto nel 2007 al suo 60° anniversario, ma sì, proprio come Cannes -. Un'autentica magia, la magia del cinema: immaginate un film volutamente scabroso e patinato al tempo stesso come Lust, Caution di Ang Lee (vincitore del Leone d'Oro a Venezia 2007) proiettato in Piazza San Marco di fronte a 9.000 nasi all'insù, nasi che trasformerebbero di colpo quella ghost-townche è il nostro Lido in un festival vivo e pulsante, addio all'aura decadente che corrode le basi del maggior festival italiano. Tutto all'opposto è Locarno, invece: il cartoon digitale Vexilledi Fumihiko Sori accanto alla commedia Molto incinta di Judd Apatow e soprattutto accanto a un film formato XXL come Hairspraydi Adam Shankman (con un John Travolta in uno dei ruoli più paradossalmente contenuti e convincenti della sua carriera), tutti assieme appassionatamente proiettati en plein air, nonché in primavisione, davanti alla stessa platea XXL - vedere Locarno per credere - che mangia con gli occhi gli omaggi ad Ingmar Bergman e a Michelangelo Antonioni, un Saraband ed uno Zabriskie Point che da eventi televisivi o al massimo da cinema d'essai ritornano ad essere grande cinema-cinema. Lo schermo più ampio d'Europa, il sistema di proiezione digitale - lo chiamano D-Cinema - più sofisticato che vi sia in circolazione, e ancora un'enorme cabina di proiezione color nero costellata di minime luci intermittenti, quasi fosse l'astronave di E. T. di Steven Spielberg (in realtà è stata costruita fondendo assieme l'involucro di due piscine, come fosse una spaventosa cozza, un mostro marino da finale della Dolce vitadi Fellini, e qualcosa d'acquatico è in effetti rimasto, nella fluidità impressionante delle immagini che di lì vengono proiettate, assolutamente nitide, con una qualità visiva da far spalancar le bocche, per ogni dove). Dunque: nonbuio in sala. Il buio scende sulla Piazza, piuttosto.

Sempre Locarno, sempre notte. Altra sera, altre migliaia di persone a votare per il Pardo del Pubblico, premio che viene assegnato meritatamente al fintamente trasgressivo, in realtà irresistibilmente classico Funeral Party di Frank Oz: Piazza Grande romba di risate. A presentare sul palco Frank "Mr Muppet Show" Oz c'è il Direttore del Festival, Frédéric Maire, che è così enormemente felice (e di corporatura nuovamente XXL) da avere un sole tutto suo che gli brilla negli occhi. Curiosità cinefila: O sole mio, del nostro Giacomo Gentiluomo, è il titolo del film che inaugurò il 1° Festival del Film di Locarno la sera del 23 agosto 1946, lo stesso anno in cui - in cartellone - vi fu anche Roma città aperta di tale Roberto Rossellini. Nel 1947, Paisà. Nel 1948, Germania anno zero- sempre di Rossellini, of course -, che finalmente vince il Gran Premio. E sempre a proposito di premi: proprio il 1° Premio, sempre a Locarno, nel 1957 è portato a casa da tal Michelangelo Antonioni, di cui oggi si piange la scomparsa, con uno dei suoi lavori a nostro parere migliori, Il grido. L'anno dopo, 1958, viene premiato (indovinate dove? A Locarno?) un film di un regista alle prime armi - il suo nome è Claude Chabrol - dal titolo Le beau Serge: è iniziata la cosiddetta nouvelle vague. Avanti ancora d'un anno, è il 1959: coraggiosamente, in anticipo su qualsiasi altro festival, Locarno dedica una retrospettiva a Ingmar Bergman, che il caso ha voluto scomparisse assieme a Michelangelo Antonioni, entrambi il giorno prima dell'apertura di quel festival - il 60° Festival del Film di Locarno, dal 1° all'11 agosto 2007 - che li aveva giustamente incoraggiati a tempo debito, detto in parole povere, quando ce n'era davvero bisogno.

Ancora Locarno, questa volta è giorno. All'Auditorium Fevi - immenso ma non certo quanto Piazza Grande: ma quella, chi la batte mai? - scorrono i film in competizione. Chi scrive è stato presidente della Giuria Internazionale della Critica a Locarno 2007, coordinando il lavoro di critici francesi, canadesi, tedeschi, svizzeri: molti modi di lavorare, esperienze diversissime e piacevoli da incrociare, un amore e dunque un gusto per il cinema che - di meeting in meeting di giuria - è stato sempre magicamente unanime. L'ennesima magia di Locarno? Non sappiamo, lavoriamo e basta. Passando dal rigoroso The Rebirthdi Masahiro Kobayashi (omicidio, senso di colpa, vuoto, desiderio di riparazione, impotenza, forse speranza, immersi in centinaia di sconvolgenti minuti di vuoto-audio e di pieno-visivo), che guadagna il Pardo d'Oro dell'edizione 2007. Arrivando al piacevolmente geniale Capitaine Achabdi Philippe Ramos (la storia del buon vecchio Achab-versus-Moby-Dick di Melville prima ancora che di John Huston e Gregory Peck, per non dimenticare la versione del 1930 di Lloyd Bacon con John Barrymore, ri-letta e ri-scritta in maniera cinematograficamente rivoluzionaria, con un coraggio creativo che solo un regista come Stanley Kubrick aveva dimostrato nei confronti di testi "sacri" quali il Barry Lyndon di Thackeray), vincitore sia del Premio Internazionale della Critica che del Pardo per la Miglior Regia. Ma a parte l'attore / regista Kobayashi e il sorprendente capitano Achab (Denis Lavant) in un film che dovrebbe essere sul mare e in realtà è quasi tutto ambientato fra i boschi, il concorso riserva molte altre sorprese. Un film come Sous les toits de Parisdi Hiner Saleem (Pardo a Michel Piccoli per la migliore interpretazione maschile) è realisticamente genuino quanto il corale La graine et le muletdi Abdellatif Kechiche (Premio della Critica a Venezia 2007). La performance di Marian Alvarez nel film Lo mejor de mì di Roser Aguilar (Pardo a Marian Alvarez per la migliore interpretazione femminile) ti scombussola diversamente, ma in maniera non meno forte, della performance di Cate Blanchett nel cinepuzzle I'm not there di Todd Haynes (Coppa Volpi a Cate Blanchett a Venezia). E Fuori dalle corde di Fulvio Bernasconi, con una notevole Maya Sansa ma soprattutto con un'ottima interpretazione di Michele Venitucci (Pardo ex aequo con Michel Piccoli per la migliore interpretazione maschile), non ha nulla da invidiare - tutt'altro - ad un film come L'ora di punta di Vincenzo Marra, delusione made in Italydell'ultima Venezia. E in ogni caso, anche se politicamente scorretti, siamo del ferreo parere che i confronti siano un male ma facciano bene. Soprattutto ad un festival paludato come Venezia, che dal continuo ri-crearsi di Locarno avrebbe tutto da imparare.

Ci ritroviamo in Piazza Grande? Allora: sempre Locarno, sempre notte. Sul megamaxischermo su cui furono proiettati Andrei Rublev di Tarkovskij o Salò o le 120 giornate di Sodoma(troppa affluenza di pubblico, 9.000 posti non bastavano?, si organizzarono tre proiezioni supplementari, detto fatto), scorrono ora le immagini di Waitressdi Adrienne Shelly, di The Bourne Ultimatum di Paul Greengrass e della versione "single" di Grindhouse(a Cannes c'era Death Proof di Quentin Tarantino, a Locarno c'è Planet Terror di Robert Rodriguez, divertimento allo stato puro). E se Tarantino è ovviamente godardiano, complesso quant'altri mai dietro l'apparente superficialità del plot, intelligentemente camp, il film di Rodriguez è un giocattolone squisitamente popmolto più vicino allo spirito genuino dello stile b-movie / Grindhouse che si voleva celebrare. Annoiarsi è impossibile. Così com'è impossibile non meravigliarsi del passaggio (senzasoluzione di continuità) da un film amabilmente fracassone come Planet Terroralla proiezione successiva di Vogliamo anche le rose, sofisticato e al tempo stesso spettacolare documentario sul femminismo di una delle nostre migliori speranze per il cinema italiano, Alina Marazzi, già autrice - pochi anni fa - dello splendido Un'ora sola ti vorrei (presentato dove? Forse a Locarno?). Ecco: questo è lo spirito del Festival di Locarno, anche nel suo 60° compleanno (a proposito, molti auguri). La scoperta coraggiosa, punto. Senza snobismi d'alcun genere. Che si tratti di proiettare davanti al grande / grandissimo pubblico un blockbuster da tenere d'occhio o che si tratti di far scoprire allo stesso grande / grandissimo pubblico un prodotto di nicchia. Proprio così. Come se a Venezia - sempre per non fare paragoni... - proiettassero in Piazza San Marco Diario di una tata con Scarlett Johansson seguito da Redacteddi Brian De Palma. Ma ci sorge il dubbio che questa battuta polemica (che non verrà raccolta, poco ma sicuro) l'avessimo già scritta.

Gabriele Barrera
(critico cinematografico SNCCI / FIPRESCI)

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