La garbatezza della sceneggiatura si confonde con il crescendo con cui si introducono gli eventi narrati in modo da poterli assumere gradualmente come plausibili e di farli interagire in un climax narrativo, che conduce pian piano a far nascere il colpo di scena finale direttamente nella consapevolezza dello spettatore, che gode della lievità delle soluzioni proposte, pur sapendole improbabili, tuttavia anche lui è preda del dubbio del rabbino di fronte alla proposta di Schlomo ("Vaneggia, ma se dicesse la verità?") e quindi s'avvia a costruirsi uno specchio parallelo in cui isolare le componenti realistiche, pronte ad affollarsi alla fine nel disvelamento atroce, esattamente come avviene sullo schermo per quel che riguarda le varie fazioni che si vanno creando nella comunità secondo la logica di un demiurgo osservatore stralunato ed innamorato. Quel momento di disperata tenerezza verso la giovane ragazza, che in uno degli innumerevoli doppi e tripli sensi dice: "Sono destinata a morire vergine?" (rievocando il dramma di molte genti avviate ai forni senza che avessero provato l'amore) e alla quale l'immaginazione dell'amante regala tutti gli amori che vuole e ci aggiunge la sua commovente dichiarazione d'amore tra lacrime intrattenibili nelle quali si racchiude il catalogo di emozioni. Allo stesso modo anche ad altre sequenze si possono associare letture diverse dopo aver assistito all'epilogo spiazzante, benché sia nell'ordine delle cose, come l'espressione del postino che dice: "Se ne sono andati" e si può intendere anche in tono mesto, dato che la panoramica in cui è racchiusa questa frase è desolante abbandono. Mestizia subito negata dalla gioia folle del viaggio con Schlomo sul tetto del treno e una figura quasi da polena protesa davanti alla locomotiva, ulteriore indizio che stiamo assistendo alla visione di un pazzo.