Nella notte di Belgrado le esistenze si sbriciolano prima di esplodere. Ma attenzione, perché non c'è catarsi possibile. Non ci sono grandi ideali, appassionanti utopie, dilaceranti passioni. Ci sono le piccole quotidiane e meschine ripicche che covano per decenni esacerbando gli animi e covando nel profondo fino alla inevitabile - appunto - esplosione.
Anni fa avevo un datore di lavoro triestino. Ricordo ancora una lunga chiacchierata con il figlio che cercava di spiegarmi quanto gli odi serpeggianti negli animi di chi popola(va?) la ex-Yugoslavia erano tutti nati da miserrime sciocchezze come una palizzata in un giardino o un vetro rotto.
E le esistenze che si incrociano, si incontrano e si scontrano (letteralmente) in questa notte belgradese non fanno che confermare questa teoria.

Due amici di vecchia data che si rinfacciano ogni possibile e plausibile meschinità (tanto che ci si chiede quanto ci sia di vero, in quello che si rovesciano addosso), un tassista che pesta a sangue un poliziotto per vendicarsi di un vecchio torto, un uomo che non vive più a Belgrado e che torna per cercare la sua ex amante (ma si può tornare? E' giusto? E' lecito? Era meglio restare?), un uomo che vuole vendicarsi della sua macchina incidentata ("Niente si aggiusta"), un ragazzo che rapisce un autobus, una coppia che litiga in modo furibondo e finisce per diventare ostaggio di un paio di sbandati, un ragazzo che fugge nella notte e rimane appeso ("crocifisso") ad una rete mentre alle sue spalle tutto esplode.

Non c'è nulla di politico in questo film, o meglio non c'è nulla di ideologico. "La polveriera" è un ritratto spietato di una realtà che non può non esistere se non annullando sé stessa. Ogni frammento di realtà con cui entriamo in contatto esplode o (peggio) implode. Nessun episodio può giungere ad una conclusione men che amara, e l'esplosione finale non (?) arriva inaspettata, è anzi anticipata da quella più piccola nel treno. E l'urlo, atroce, del ragazzo appeso alla rete ("Non è colpa mia!") è esistenziale, atavico. Ma di chi è davvero la colpa?

 


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