"Non esistono film che non hanno a che fare con la morte, e non prendetela come un'affermazione paradossale o provocatoria. Ci sono due elementi che rendono il cinema l'arte funebre/funeraria/tassidermica per eccellenza; il primo elemento è il tempo (il cinema mostra fondamentalmente dei morti; qualche giorno fa ho rivisto "Il processo di Verona" di Lizzani e c'erano morti interpretati da morti, morta Edda Ciano e morta la Mangano); il secondo elemento è l'intrigo: come ogni arte narrativa, il cinema intriga, e l'intrigo conduce necessariamente alla morte, per le vie più diverse.

Questo è un primo argomento a sostegno di un film che si "accosta" alla morte: se non è concesso ad un film parlare di morte (ed è evidente che ogni film include il discorso sulla morte), allora viene meno la condizione per fare e vedere qualsiasi tipo di film."

Pete Bondurant

Oltre che riconoscimenti ufficiali, "La stanza del figlio" ha raccolto una certa attenzione da parte dei nostri collaboratori/lettori.

Si è avviato un confronto, che, utilizzando materiali di diverso tipo e modo di produzione, ha come fine quello di identificare percorsi di lettura in un film "difficile" da affrontare linguisticamente, se non altro per il "peso" del suo tema centrale, o, per i meno entusiasti, per una carenza di concentrazione del regista sul linguaggio

Raccogliendo le impressioni scambiate tramite posta elettronica, confrontando alcune recensioni prodotte dai nostri collaboratori, stabiliremo i primi nodi e li metteremo in evidenza tramite il solito sistema di richiami ipertestuale.

Infine, tenteremo un approccio "diacronico", analizzando le ultime produzioni di Nanni Moretti, alla ricerca di assonanze o di direzioni.

In questo momento (20/5/2001) i contenuti sono appena abbozzati, ma in continua elaborazione... Tornate a visitare queste pagine.