Arnesi della perfezione torbida

Le modalità di rappresentazione degli episodi storici precedenti agli approcci col mercato occidentale durante l´era Tokugawa – ma la crisi dello shogunato risaliva alla fine del secolo precedente (al tempo dei racconti di Ueda Akinari) – non si discostano dal canovaccio che sembra invaghito del caos: Ran di Kurosawa Akira contiene nel titolo questa attrazione per il disordine, dove nulla viene risparmiato, ma ancora di più in Kagemusha il Tenno, il regista più occidentale tra gli autori giapponesi, adotta il punto di vista di quella figura che viene dall´esterno e gradualmente si rende familiare alla comunità che lo ospita mentre i Takeda (la famiglia al crepuscolo) vengono spinti fuori della Storia nell´ellissi bellica più entusiasmante del corpus di Kurosawa, addirittura – lui così razionale – instilla il dubbio che lo spirito del vecchio Shingen si sia reincarnato nel sosia, splendida metafora della vita come ombra e illusione.

Proprio l´illusorietà (e il soprannaturale) sembra essere il tema principale di Gohatto, al di là dei molteplici apparenti interessi del regista: bellezza, morbosità, morte, arte…: arnesi della perfezione torbida (a pensarci bene la stessa versione orientale del concetto di sublime che percorre il campo di concentramento di Merry Chrstmas, Mr.Lawrence) che, adeguati ai riferimenti culturali giapponesi, appaiono più come materiale da adottare come repertorio canonico su cui elaborare la propria personale illustrazione fantastica della realtà. Non intendo dire che le intuizioni di Oshima sono già formalizzate nella storia della cultura nipponica e a lui non rimane che inanellare le convenzioni secondo il gusto moderno, ma l´uso che fa dei gesti e delle situazioni connota il film in modo da inserirlo in una tradizione e così permette di evocare altre opere, magari distanti per poetica, assimilabili per le tematiche non immediatamente riconoscibili, ma in tralice dotate di evidenti strutture comuni, che attingono ad una stessa origine, quella che sembra stia svanendo – motivo per cui si mette in scena la nostalgia – ma che si riproporrà sotto forma di altra nostalgia per un nuovo periodo in dissolvimento.

La bravura di Oshima a questo punto diventa quella di alludere a testi guida senza fare citazioni, bensì semplicemente entrando a far parte di quella civiltà collettiva fatta di film, opere letterarie e incisioni (pochissima serenità di Hokusai e tanti ukiyo-e giocati sul contrasto tra bruni e gialli tipici di Hiroshige, contemporaneo di Ueda) che fanno uso di una simbologia locale capace di farsi intendere artisticamente e dunque a livello universale, al punto da comprendere persino lavori estranei all´arcipelago del Sol Levante come Ghost Dog, letterariamente impregnato di quella tradizione.