Il terzo elemento dell’analisi storica che emerge a posteriori dal ricordo – dopo i due precedenti affidati alla musica delle campane, descrittiva di una difesa individuale messa in atto allora, e all’enunciazione di una spiegazione, deduttiva per serie di asserzioni che puntualizzano il gap sviluppatosi in quella crisi del 1973 – è culturale e prende spunto dal monologo di uno dei soldati, i quali a turno si confessano a un interlocutore-ascoltatore come avviene nei cinque "dialoghi" a una voce del Signor Mani di Yehoshua: in tutti questi incontri, che documentano le solitudini e le segrete motivazioni degli individui coinvolti, la modalità di ripresa privilegia – pur trattenendolo in una penombra evocativa – il parlante, collocandolo in primissimo piano impallando il resto dell’inquadratura, addirittura sfocando l’interlocutore nell’ultima sequenza che esprime l’angoscia del dottore sdraiato, come in precedenza era già stato ripreso nelle confidenze rivolte all’alter ego del regista, esprimendo nell’unico momento classicamente drammatico (sottolineato anche dalla battuta:"Almeno a te manca una persona viva") la quintessenza della Shoa: la madre morta di crepacuore per non essere stata riconosciuta dal figlio lasciato in custodia prima di finire in un lager: il rimorso che perseguita il medico è una delle concessioni alla cultura ebraica che emergono come isole dalla melma, ogni tanto, come se per una volta il regista volesse mantenersi ad un livello più universale rispetto al solito ebraismo di riferimento. E quasi subito dopo tocca al protagonista narrare un incubo, "ma stavolta era reale": stava bruciando in un carro armato. In queste inquadrature intime, altrettanto classiche per i film di guerra di quelle che ricostruiscono l’azione, la luce viene teatralmente gettata sull’ascoltatore, conferendo una maggiore carica oracolare al narratore, seguendo l’esempio di Kurtz-Cuore di Tenebra per Coppola-Brando. Tra questi momenti meditativi (dove i richiami cinematografici si fanno più classici e Kubrick appare come Orizzonti di Gloria insieme a Renoir-Stroheim, piuttosto che per il sarcastico Full Metal Jacket), che nel genere bellico sono usati come analisi a posteriori sul significato degli eventi, quello più politico e che rientra meglio nel nostro discorso sulla manipolazione dell’informazione e sull’uso della rete come diffusione di immagini antagoniste è l’episodio in cui i due amici sfogliano i giornali, disgustati dalla propaganda, odiosa ancora di più quando si riconosce la menzogna e l’assenza di qualunque valore delle notizie riportate, la lontananza dagli interessi reali dei mezzi di informazione dai bisogni di gente in guerra, necessità anche e soprattutto di conforto e confronto.