Una rimeditazione sulle forme possibili di rappresentazione e interpretazione della realtà non può dimenticare l'epopea del cinema underground americano degli anni '70.
Ora, dopo decenni dai loro primi successi, i Rolling Stones sono ripartiti l'11 giugno per l'ultima tournée del millennio; non si sa se siano più ridicole le mossette di Mick Jagger o i nostri ricordi di quando si era giovani, o piuttosto se facciano tenerezza per tutto quello che hanno significato per alcune generazioni che coccolano loro per non lasciar sfuggire intime sensazioni perdute e magari ricercate su una vecchia pellicola maledetta e invisibile.
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Nel libro di Delillo l'intera quarta parte lunga 134 pagine porta il titolo del film di Robert Frank desunto dal brano dei Rolling Stones e delinea un modo apprezzabile di descrivere la visione di un film, intervallandola con commenti e rievocazioni di un'epoca perduta, inserendo anche le rimembranze di chi vede il film avendo partecipato all'evento, altalenando lo spaesamento derivante dai diversi tempi agiti (1972: il concerto, 1974: la visione del film, 1997: la scrittura del libro) con la rassicurante personale memoria di quei tempi, in questo recuperando il modo di produrre fiction da parte di Robert Frank.
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Probabilmente non si è lontani dalla stessa operazione intentata con altro spirito surreale da Terry Gilliam con il suo ultimo film collocato nella Las Vegas del 1972.
La scrittura di questo brano appare comunque un pezzo di bravura da parte di Delillo, che ha realizzato uno splendido lavoro attraversando l'intera seconda metà del secolo a partire dal fuoricampo che cambiò il destino dell'America.
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Miles la chiamò e si incontrarono in un vecchio loft che era stato un laboratorio per la confezione di vele. Il gruppo della cineteca di cui Miles faceva parte programmava film per lo più impossibili da distribuire nei cinema per una ragione o per l'altra, e le proiezioni erano piuttosto fluttuanti - ovunque Miles riuscisse a procurarsi uno spazio. |
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C'erano cinquanta o sessanta persone, venute per vedere un filmato di Robert Frank, Cocksucker Blues, sulla tournée dei Rolling Stones in America. |
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Klara sedeva al buio e scucchiaiava yogurt da un cartone. Si rese conto che da un po' vedeva la bocca di Mick Jagger dovunque andasse. Forse era il logo del mondo occidentale, lo sberleffo e il broncio che ti segue per strada - le piaceva vederlo ballare col suo passo diabolico, ma la bocca le sembrava un oggetto a sé, come un effetto aggiunto in seguito. |
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Disse ad Acey, che le sedeva accanto: - Credo che tutto quello che ciascuno di noi ha mangiato negli ultimi dieci anni sia finito in quella bocca. |
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Le piaceva la luce azzurro slavato del film, una luce di tipo crepuscolare, una luce da tunnel che evocava una realtà inaffidabile - per niente inaffidabile invece, perché non si stenta a credere a quello che si vede, quindi forse una realtà sovversiva, pericolosa e corruttrice, un bellissimo azzurro tunnel. |
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- Devi interpretare la bocca come una satira, - disse Miles. |
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Sniffate di coca dietro le quinte o nei camerini e gente seduta in una stanza o addormentata su un aereo, quella sensazione di tempo-al-limite, frasi pronunciate a metà, una sigaretta che ciondola in bocca a qualcuno, gente non ancora pronta a muoversi, e a Klara piaceva il suono allusivo, il modo in cui il suono del documentario, quella specie di film fatto al volo, rimbalzava dalle pareti piastrellate, dai muri di calcestruzzo dei camerini e dei tunnel dello stadio. |
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Qualcuno che dice, Spesso mi riprende dalla parte sbagliata. |
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E Klara si rese conto che sì, quella bocca era completamente satirica, era caricaturale, una versione dell'ano parlante dei fumetti alternativi degli anni Sessanta, e tutte le nostre espressioni di scherno e sarcasmo, tutte le mezze frasi che avevamo borbottato erano uscite dallo stesso orifizio, più o meno. |
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Acey disse: - Li ho visti a San Francisco, dev'essere la stessa tournée, per forza, era due anni fa. |
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Lancio del televisore dell'albergo da un balcone. |
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Interviste smozzicate e chiazzate, la più semplice delle domande accuratamente preparata persa, ponderata e persa un'altra volta, la tournée è una serie di frasi lasciate a metà, e un uomo e una donna che scopano in aereo, e una bocca che mastica cibo, la bocca stacca e incolla, Mick in concerto sotto luci stroboscopiche e flash, simile a una donna multibocca di De Kooning, che succhia il microfono. |
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La falange delle telecamere nei tunnel. Gente seduta in cerchio, due persone che dormono accartocciate, o strafatte, o potrebbero essere morte anche se non platealmente, l'interminabile noia fracassona della tournée - tunnel e passerelle. |
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Acey disse: - Sono andata al concerto e c'era una guardia del corpo, forse riesco a vederlo in una di queste inquadrature, un nero che indossa una T-shirt con una scritta tipo "Stones Security", capisci, ma espressa in modo completamente diverso, anche se questa è l'idea. |
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E a Klara piacevano la luce azzurro tunnel e le parti in cui non succedeva niente e tutti avevano una cinepresa e riprendevano quell'assenza di avvenimenti mentre il suono si perdeva nelle piastrelle del soffitto. |
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Qualcuno dice, Odio quei rotti in culo. Quelle mezze calze. |
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Dice, In quale stato siamo? |
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Due tossici che farfugliano su un letto, un uomo e una donna con gli occhi egualmente strabuzzati sull'ago piantato nel braccio di lei. |
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Dice, come mai hai voluto riprendere questa scena? |
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Dice, Non avevo intenzione di riprenderla. |
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Oh nell'Indiana. |
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É successo, non so cosa dire. |
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Mick in una stanza con la mascella ciondoloni. La bocca fa i gargarismi e sputa, lecca un cono gelato. E il pezzo di filmato è virato in rosso, corpi bioluminescenti, proprio quello che tutti amiamo del rock, pensò Klara, l'aureola di luce di una morte superiore. |
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Excedrin in tv, decisamente più efficace dell'aspirina. |
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- E quello mi segue, - disse Acey, - in quel lungo tunnel e mi fa, brown sugar, aspettami perché ho qui una cosa che devi assolutamente vedere. Ehi, brown sugar. E io mi sono girata, come una povera scema, lo ammetto, e lui non l'aveva tirato fuori, ma ci teneva la mano sopra. |
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Due uomini bianchi in una stanza e uno dei due pontifica con voce da nero, Bisogna mettere i fratelli in contato con la loro eredità culturale. E il secondo bianco si pianta un ago nel braccio, e quello che parala come un nero dice, Tomba del Tossico Ignoto, Centotrentasettesima strada e Lenox Avenue, fatta da cima a fondo, dice, di siringhe usate. |
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Qualcuno dice, Mi hanno tolto la bambina perché ero in acido. |
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Dov'è la chiave della mia stanza? |
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Tunnel, passerelle e luce azzurro slavato e poi il passaggio per il palcoscenico, il bianco bagliore chiassoso e il ruggito preistorico. |
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Gli hai fatto un pompino? |
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No. Ho fatto solo una foto con lui. |
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Dice, Arriva lo stato e mi porta via la figlia. |
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Donna nuda che si accarezza in un letto d'albergo, si sfrega la mano sulla passera e poi la lecca. E Acey interrompe la sua storia per dire: - Mmmmm. |
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L'intero monotono erotikon masturbatorio in volo. |
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A Klara sembrò interessante che quella fosse l'unica donna che non sembrava una ragazzina. Era interessante, pensò, che tutte le donne del filmato fossero ragazze o lo diventassero. Uomini e donne facevano tutti le stesse cose, droga, sesso, fotografie, ma gli uomini restavano uomini e le donne diventavano ragazze, con l'eccezione, forse, della donna che si accarezzava la passera e si leccava le dita dicendo qualcosa di inafferrabile perché l'unica finalità del sonoro in un film del genere è di perdersi negli angoli della stanza. |
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Non m'importa - è solo San Diego. |
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Acey stava raccontando la sua storia e nel frattempo cercava il tizio del racconto là sullo schermo. |
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- E io volevo dire qualcosa che lo sistemasse e gli facesse passare le idee che aveva per la testa. Ehi brown sugar. Ma eravamo soli in quel posto enorme e pieno di echi, col concerto in piena esplosione da qualche parte sopra di noi, e quello insisteva col suo brown sugar, brown sugar, brown sugar. |
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- Ed era questo il concerto? - chiese Klara. |
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- Non so se era la stessa sera, ma lo stesso concerto sì, la stessa città, la stessa fottutissima band di emaciate teste di cazzo milionarie con quei negracci come guardaspalle. |
(Don Dellillo, Underworld, Einaudi, Torino, 1999, pp.407-410)
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Un filo che corre lungo tutti i film di Frank è l'espressione della sua visione personale. Il confine mobile fra esperienza personale e finzione è una sorta di setaccio tra Frank e le possibilità illusorie del mezzo. Alcuni film, come Conversations in Vermont e Life Dances On, sono sfacciatamente autobiografici. Altri, come Me and My Brother, sono più allegorici pur continuando a focalizzare persone e eventi che hanno avuto un rapporto diretto con la sua vita quotidiana. Perfino quando Frank punta la macchina da presa in maniera più documentaria su immagini esterne al suo mondo, le impregna di piccoli eventi personali e di oggetti di importanza per lui capitale. In Cocksucker Blues, la sua discussa registrazione del tour dei Rolling Stones del 1972 attraverso un'America in delirio, a un certo punto sposta la macchina da presa dal palcoscenico per puntarla sul suo amico Danny Seymour.
"Tutto ciò che fa è personale, e viene dall'interno", dice Wurlitzer. "É molto rischioso essere così personali, ed è questo che rende viva la sua opera, perché il personale deve tendere all'opposto, all'universale, e il meglio della sua opera lo fa". Nei film di Frank lo spettatore ha l'impressione di essere un testimone di ciò che Frank ha visto. Tale impatto deriva in parte dall'insolita iconografia della vita quotidiana. Spesso si serve anche di un umorismo freddo per dare un clima ulteriore alla situazione. Frank ha sviluppato uno stile personale che permette al pubblico di partecipare come un archeologo, scavando fra strati e frammenti di informazione per crearsi un'immagine complessiva.
Frank, disinteressandosi delle questioni più esplicite, cercava di esaminare la struttura e le motivazioni di fondo dietro tali avvenimenti. Si rifiutava di esaltarli o di usare la sua opera per divulgare anche quei problemi con cui simpatizzava. Cocksucker Blues non è mai uscito perché Frank si era concentrato sull'alienazione, sulla consapevolezza dei media, sul denaro e sull'abuso della droga anziché sulla musica in palcoscenico.
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(Philip Brookman, Ai margini della Fiction: Robert Frank dalla fotografia al cinema, in New American cinema, Adriano Aprà a cura di, Ubulibri, 1986, per il 4° Festival Cinema Giovani di Torino, pag.233- 239). |
(Jagger/Richards)
Well, I'm a lonesome schoolboy
and I just came into town
Yeah, I'm a lonesome schoolboy
and I just came into town
Well, I heard so much about London
I decided to check it out
Well, I wait in Leicester Square
with a come-hither look in my eye
Yeah, I'm leaning on Nelsons Column
but all I do is talk to the lime
Oh where can I get my cock sucked?
Where can I get my ass fucked?
I may have no money,
but I know where to put it every time
Well, I asked a young policeman
if he'd only lock me up for the night
Well, I've had pigs in the farmyard,
some of them, some of them, they're alright
Well, he fucked me with his truncheon
and his helmet was way too tight
Oh where can I get my cock sucked?
Where can I get my ass fucked?
I ain't got no money,
but I know where to put it every time
I'm a lonesome schoolboy
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