Reporter

Reporter
reportage da festival ed eventi, interviste e incontri
<<< torna al sommario

Diario 29-31 agosto
"È sempre difficile indovinare come gli altri possano reagire a un film che uno apprezza e che sceglie di presentare. La selezione è sempre una questione soggettiva e i gusti sono talmente diversi come le stelle in cielo". Le affermazioni di Moritz de Hadeln, direttore della 59^ Mostra del Cinema di Venezia, all'inizio del catalogo che accompagna le proiezioni, forse dovrebbero ricordarci il rispetto che comunque va nei confronti di ogni opera, soprattutto al lavoro dei cast tecnico e artistico di ciascun film. Detto questo, possiamo parlare malissimo delle opere presentate a questo festival... Colpa dei selezionatori? Troppo presto per dirlo dopo solo tre giorni? Il cinema è un'arte in via d'estinzione?
A questi noiosi interrogativi si può solo rispondere che molti film hanno in concreto deluso le aspettative. Naturalmente Full Frontal di Soderbergh, che è un film "involuto" - come benissimo l'ha definito Enrico Magrelli nel daily di Film Tv - , ma anche Ripstein non è quello dei suoi film migliori; Sam Mendes, attesissimo, ancorché la critica si era già divisa su American Beauty, con Road to perdition ci rattrista per la visione di un cinema epico all'americana sempre più povero di senso ed immaginario e sempre più funzionale a perpetuare solo gli standard d'incassi. Il lituano Nuomos Sutartis, prodotto da Sharunas Bartas, insieme a Roger Dodger di Dylan Kidd si "salvano" di fronte al mediocre oltre la sopportabilità Between Strangers di Edoardo Ponti, con il cast stellare che comprende la madre Sophia Loren insieme a Mira Sorvino, Gerard Depardieu, Klaus Maria Brandauer, Deborah Kara Unger, Pete Postlethwaite. Di Magdalene di Mullan ho già detto nella recensione, piuttosto esili anche Public Toilet di Fruit Chan e Au plus près du Paradis di Tonie Marshall con Catherine Deneuve e William Hurt.
Il borsino "meteorologico" dei film in questi primi giorni è abbastanza nuvoloso. Invece il sole, quello vero, accoglie gli ultimi bagnanti del Lido, mentre a pochi metri centinaia di cinefili divisi nelle consuete caste di accreditati di prima, seconda e terza categoria e poi altre centinaia di semplici appassionati si barcamenano tra una proiezione e l'altra. Ai più spensierati che passano da queste parti basta allungare il collo verso la passerella (già soprannominata muro di Berlino) di fronte la Sala Grande per cercare di vedere qualche stella del cinema.
La prima regola, qui a Venezia, mostra del cinema, è ormai scolpita nelle teste di tutti i partecipanti: non bere e mangiare troppo (anche se l'opportunità, per via degli orari, è remota). Non certo per evitare di addormentarsi durante le proiezioni, ma solo con la speranza di non utilizzare le public toilet (Fruit Chan è davvero il dio del gabinetto) più di un paio di volte al giorno. Se entrate al casinò e vedete una lunga fila di donne, allora è l'entrata alla toilette. Non è il caso, come del resto ci ricorda il Roger di Roger Dodger, di avere la "vescica timida". Se vi scappa non potrete farla per strada come fa uno dei protagonisti nel suo viaggio in India (siamo sempre nel film di Chan) ma come se foste in un autobus affollato all'ora di punta. Quella dei bagni (leggi cessi) a Venezia sembra una storia davvero lunga, interminabile, come le code che continuamente ci vengono inflitte. La giornata di sabato si conclude purtroppo con un'altra delusione: la Bigelow con Harrison Ford e Liam Neeson fa di K19 The widowmaker un film fin troppo tradizionale, ma soprattutto intriso delle retoriche militaristiche che francamente, nella logica propagandistica hollywoodiana, ci hanno davvero stufato. Nel pomeriggio due belle sorprese: nella sezione concorso Velocità massima di Daniele Vicari che spopolerà soprattutto al botteghino romano, opera non certo perfetta ma interessante per lo sfondo sociale vivido dei "romani-de-Roma", e Un honnêtte commerçant di Philippe Blasband, eccellente noir psicologico, nella sezione "Settimana della Critica".

Andrea Caramanna