-

EUROPE IN SHORTS 4


Wat's pig
di Peter Lord, UK, 1996, 11'

Do Nothin till you hear from me
di Pernilla Hindsefelt e Jonas Dahlbeck, Svezia, 1994, 5'

Le cyclope de la mer
di Philippe Julien, Francia, 1998, 13'

Toro de nuit
di Philippe Archer, Francia, 1996, 6'

Just to be a part of it
di Bert e Geert Van Goethem, Belgio, 1997, 7'

Rinnsteinpiraten
di Christina Schindler, Germania, 1993, 10'

Sintje
Di Christa Moesker, Olanda, 1997, 5'

Jääkaru Soitti Kerran Afrikkaan
di Virtanen e Mariko Härkönen, Finlandia, 1997, 4'




É un pacchetto di alcuni film d'animazione distribuiti presso i principali Festival europei e che il Torino Film Festival, città della Lanterna Magica (massimo centro di produzione di prodotti di animazione in Italia e uno dei più importanti in Europa), ha relegato con la consueta lungimiranza nel pomeriggio del fine settimana della deserta Anteprima all'Adua, che ospitava i filmucoli degli improvvisati cineasti, dei prodotti delle scuole (buoni solo a divertire gli autori) e del peggio delle realizzazioni familiari. Il tutto ha visto un'apoteosi finale con la marchetta dovuta alla Logos TV, importante casa di produzione di video sportivi locale, che ha presentato i suoi lavori ed in particolare il video su Del Piero, che ha venduto tanto da riempire due volte il Maracanà, come ha recitato Rostagno, il responsabile della Logos. Della Casa, granata (come abbia potuto organizzare una serata con la quintessenza della juventinità non è dato sapere), ha colto l'occasione della presentazione di video sportivi per esaltare il ritorno al radiofonico tifoso roso dall'ansia di Tutto il calcio minuto per minuto, piuttosto di quello televisivamente blandito da Fazio; intanto il nazionalista Pizzul (famoso per le sue cronache parzialissime) lamentava con un pubblico non cinefilo, e distratto dalla caccia all'autografo del noto gobbo, che la televisione parlando di calcio parli di sé, ... come se in tutti gli altri casi si comportasse diversamente. La tavola rotonda ha concluso i preliminari del Festival prendendo atto che l'industria cinematografica italiana scodella prodotti corrivi e macchiettistici ben lontani dal coinvolgimento delle produzioni americane che ci impongono filmoni sul baseball da decenni, in cui non ci si capisce nulla, ma si rimane ugualmente affascinati, mentre da noi si produce soltanto Tifosi con Abatantuono tornato se stesso, De Sica figlio rimasto sempre uguale con il suo degno compare Boldi, seguiti a ruota da Iachetti, coinvolgendo purtroppo un simbolo come Maradona.

Rimpiangeremo Barbera?

Wat's pig

di Peter Lord, UK, 1996, 11'

Aardman Collection

Animazione a pupazzi (i professionisti di Wallace e Gromit), realizzata con una precisione tale da non rendere intelligibili gli scatti. L'intreccio è il vecchio racconto edificante dei due gemelli con destini divisi dal caso: l'uno potente feudatario medievale, l'altro contadino a seguito di un rapimento dalla culla, con un finale didattico dove il prepotente si ritrova con una zappa in mano lui pure. L'idea bella che esalta le peculiarità del mezzo è la divisione del quadro in due per descrivere eventi paralleli della vita dei gemelli, comunque dipendenti, fino all'incontro-scambio proposto attraverso un ulteriore diaframma che divide lo schermo: la porta.
Divertente il manifesto del reclutamento bellico che rievoca lo zio Sam (want you) con la risposta stupita, ripetuta in altri frangenti di richieste sorprendenti: "Me?!?". É il leit motiv che deve portare all'epilogo: di fronte all'attrezzo di lavoro l'ex potente si chiede anche lui: "Me?!?".
Per il resto sono curatissimi gli sfondi, soprattutto durante gli scontri in battaglia con vessilli sventolanti su cieli infuocati o gli interni del castello e della stamberga, in cui il protagonista povero era stato adottato dal maiale, momento surreale che consente alcuni gustosi scambi tra il maiale incarcerato e la testa di cinghiale in un piatto.




Do Nothin till you hear from me

di Pernilla Hindsefelt e Jonas Dahlbeck, Svezia, 1994, 5'

Lucas Film

http://www.thx.com

L'impianto è classicamente quello dei vecchi film d'animazione musicale su base swing delle grandi orchestre: sboccia un'attrazione tra una viola, uscita dalla custodia in una enorme sala da ballo vuota e gli ottoni, che si disputano l'amore del vezzoso strumento a corde, dando luogo a balli e piroette in sintonia con gli assoli. Nulla di nuovo se non ci fosse una nettezza del disegno dovuta probabilmente all'uso dell'ausilio digitale, evidente soprattutto nelle espressioni degli strumenti, che riescono a fruire di una gamma di espressioni vastissima, data da sfumature più controllabili dal computer che non dal ritocco a mano.


Le cyclope de la mer

di Philippe Julien, Francia, 1998, 13'

Inferna

Tristissimo e poetico ripescaggio del vecchio mito del guardiano del faro. In questo caso l'occupante dello scoglio è un monocolo, la cui peculiarità corrisponde alla solitaria luce che fende il buio e che finirà con rimanere accecato durante un tifone, che schiaffeggia il faro. Dall'esterno non è troppo suggestiva la realizzazione del faro, mentre all'interno è molto ben ricostruito l'ambiente: infatti fin dai primi quadri s'evidenzia l'uso di mobiles che duplicano le peculiarità dell'animazione e informano sullo stato d'animo del solitario ciclope. Marchingegni meccanici che tengono compagnia con il loro movimento finto che raddoppia un moto fittizio come quello dei mobiles (tutti di figure naturali, per lo più gabbiani, poiché quelli reali non si possono catturare). Il prologo serve per introdurre il legame con il pesce che improvvisamente gli riempie la vita con la sua presenza dentro la boccia di vetro, piena di comfort, una conchiglia fa da casa al pesce e anche per lui si studiano mobiles, che lo intrattengano nella sua prigionia. Questo è l'intento di far rilevare che le due vite, il pesce osservato nella sua vaschetta e il ciclope, da noi seguito nelle sue giornate, sono prigionieri; esattamente come il nostro destino fatto di finzioni di movimenti e animazioni artificiali quali i mobiles. Finché il cataclisma restituirà la libertà al pesce, distruggendo l'abitazione, mentre il guardiano farà funzionare la luce (altro elemento essenziale del cinema, che aggiunge significati metaforici all'autoreferenzialità della situazione), bruciando la legna delle rovine del suo faro.


Toro de nuit

di Philippe Archer, Francia, 1996, 6'

GTC di Joinville (Rennes)

L'atmosfera è molto ben restituita: la notte, il toro, un bimbo, i raggi argento della luna, un drappo rosso. L'animazione è abbastanza realistica, in particolare nella descrizione della massa scura dell'animale che lentamente occupa l'intero schermo scivolando nelle tenebre e confondendosi con queste, comunicando una sotterranea comunanza ctonica tra i due protagonisti: dalle pitture rupestri alla letteratura più coinvolta da questi temi.
A tal punto si mescolano da avviare un momento di puro surrealismo evocativo di tutta la tradizione della tauromachia, che si proietta sui muri del paesino (probabilmente andaluso) deserto, mischiando le due figure impegnate nel combattimento sviluppato sui toni picassiani in una astratta sequenza di pura poesia, che porta ad essenzializzare il disegno, scatenando le trasformazioni frenetiche della vittima nel carnefice.

Just to be a part of it

di Bert e Geert Van Goethem, Belgio, 1997, 7'

Suil

Un karaoke pieno di buoni sentimenti su una delle più classiche canzoncine della tradizione anglosassone, che inneggia all'armonia della natura, a cui ciascuno contribuisce come può, sentendosi parte di un universo privo di conflitti. Scorre una carrellata di animali pitturati a tinte pastello, vegetali rigogliosi che spuntano spontaneamente.
Finché l'epilogo atroce termina la canzoncina, invertendo l'intero significato della breve silly simphonie... e anche il destino del verme canterino, pasto di un vorace pennuto. Lo humour finale è una sorpresa piacevole che fa giustizia dell'edificante ambientino edulcorato descritto coi toni disneyani del film.
















Rinnsteinpiraten

di Christina Schindler, Germania, 1993, 10'

FFA-ZDF

Una perla di intelligenza che sfrutta la combinazione di riprese dal vero e animazione, ereditando dalla prima sequenza un foglio di carta, su cui non si disegna nulla, lo spirito di una vela creata da una bambina che poi la affida ad un rigagnolo ai bordi della strada: fantasia e libertà di espressione, tre figure si appropriano della nave e scorazzano per le fogne ai bordi delle strade. Pirati che se ne vanno bighellonando lungo la strada che noi seguiamo attraverso le riprese dal vivo, a cui si adatta perfettamente l'animazione di quella barca fino al suo disarmo e all'apparente fine di ogni avventura. Quando il foglio di carta però perde ogni fattezza di imbarcazione viene prelevato da un altro ragazzino per diventare un modellino di aereo e come novelli snoopy i tre compari si lanciano in nuove vicende, aeree stavolta. La ciurma si diverte in entrambi i casi: senza operare eccessive trasgressioni, appare comunque occupare un territorio liberato con scorribande che percorrono il rigagnolo superando le difficoltà insormontabili rappresentate da un cane che defeca (la proprietaria subirà la giusta punizione), lo scarico di cicche incivile da parte di un automobilista, un pneumatico troppo vicino al marciapiede. Le soluzioni spesso fantasiose danno la cifra di una resistenza quotidiana dei personaggi animati marginali (in ogni senso: ai confini della realtà e emarginati dal comune buon senso) e felici di esserlo; capaci di sbronzarsi e divertirsi, riciclandosi per ricomparire pirati dell'aria ... o - in futuro, hackers.


Sintje

Di Christa Moesker, Olanda, 1997, 5'

Miai

Un'incontenibile esplosione di rabbia, come solo i ragazzini riescono a provare.
Essenziale al punto che non esiste ambiente: s'inizia su una toppa, unico particolare di una porta visibile, al di là della quale la protagonista dà sfogo al suo nervosismo distruttivo: nel nitore indistinto compaiono alcuni oggetti soltanto per cadere nelle grinfie della vindice furia infante, concrezione dei sedimenti rilasciati probabilmente dalle letture del personaggio di Quino: Mafalda. Bella l'idea di farli comparire dal fondo del quadro, come se sorgessero dal nulla latteo che avvolge lo schermo e sul quale campeggia il disegno stilizzato della bambina, i cui pochi tratti sono costantemente in fieri ad accentuare la sensazione di costante furioso movimento. Per un breve momento i segni che la portano in rilievo rispetto all'indefinita stanza si confondono con i graffiti che verga sulle inesistenti pareti, poi la maglietta rossa che la contrassegna come una macchia di colore riprende il sopravvento protestatario sul resto della forma dell'Io enorme, stagliato ad un certo punto sulle fattezze ridotte degli adulti in quello che si svela essere un pio desiderio del suo Ego ferito. Finché si riapre la porta della punizione ed il castigo lascia il posto allo spensierato oblio. Feroce e tenero come l'infanzia.

Jääkaru Soitti Kerran Afrikkaan

di Virtanen e Mariko Härkönen, Finlandia, 1997, 4'

Di nuovo un karaoke. Questa volta senza rivelazione finale e anche un po' banale nella descrizione dello scambio commerciale tra polari igloo e giungle africane, fallimentari a causa di disguidi postali. Pleonastico e forse inserito per dare un altro spazio alla regione scandinava in questa miscellanea di molti paesi nord europei.

no copyright © 1999 Expanded Cinemah Home Page No rights reserved