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Giornate del Cinema Muto - Sacile 21^ edizione
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Giornate del cinema muto - ManifestoIl cinema muto è ormai definitivamente il cinema del regno dei morti. Con quale religioso silenzio dobbiamo accostarci a tante reliquie del tempo, nonostante la capacità del cinema di perpetuarsi come storia e come entertainment, divertimento. Questa edizione forse ha sentito la necessità di ridere con le numerosissime "funny ladies", ma anche con il nickelodeon, spettacolo di puro intrattenimento tra i numeri di prestigiatori e quelli di ballerine, cantanti e i piccoli film commentati e perfino il karaoke. E poi i film di un minuto, vere e proprie gag come Diving Lucy e Sold again, che hanno riempito la sezione "Goodnight, silents", chicche incredibili che rafforzano l'ipotesi di un cinema tutto inventato e realizzato nei suoi primi vent'anni di vita. Un'altra conferma viene dalla scoperta del cineasta italiano Lucio D'ambra che nei suoi film mostra l'originale capacità di coniugare leggerezza lubitschiana e scenografie futuriste, tutto questo molti anni prima di Lubitsch e delle avanguardie degli anni Venti. Altra scoperta il cinema svizzero con le visioni di montagna, come L'appel de la montagne e le numerose vedute di Ginevra, altri angoli della confederazione e un film patriottico su Guglielmo Tell che narra nei minimi particolari le vicende storiche dei cantoni.
Ma tornando al discorso della fascinazione assoluta dei film muti volevo citare un saggio apparso su Cinemah (di carta, anno II, numero 1) di Silvio Alovisio, "Oltre lo specchio di Maltravers. Le morti filmiche del doppio imperfetto: spunti per un'indagine" nello speciale "Necrocinema, il lavoro della morte": "... Ricordo di aver assistito, molti anni fa, nella saletta cinematografica di Palazzo Chiablese, alla proiezione di Maciste alpino, il film di Pastrone e Borgnetto era in larghe sue parti invaso dalla muffa, e ciò creava al tempo stesso stupore e sofferenza. Si imponeva la certezza che tutto era morto: gli alpini, il regista, l'operatore, Bartolomeo Pagano..., perfino il supporto stava morendo, stava trasformandosi in una serie di visioni ectoplasmatiche degne di una neoavanguardia. Eppure il film destava ancora emozioni, pulsava di vita nel suo involucro agonizzante e in quei morti viventi che animavano il quadro".

I due sogni ad occhi aperti

E poi continua Alovisio ricordando il meccanismo di fissazione del cinema della caducità dell'esistenza, non solo umana, ma di tutte le cose. Nelle vedute svizzere, sotto quest'aspetto le più impressionanti, ci si rende presto conto della assoluta autenticità di tutto quel visibile. Esperienza davvero perturbante, non siamo infatti di fronte alla ricostruzione d'epoca, ci troviamo direttamente a vedere ciò che gli occhi potevano vedere all'inizio del Novecento lungo le strade di Ginevra o Zurigo, uomini donne bambini che passeggia(va)no disinvolti. La folla, molti guardano la mdp coscienti di esser ripresi, e noi sgomenti sappiamo di aver raccolto e veduto il loro sguardo fissato di un loro istante di vita. Molto più che la fiction il documento filmato ha un effetto di spaesamento: siamo di fronte a un mondo che non esiste più nella sua integrità, che si è dissolto totalmente, e neppure le cime delle montagne, i fiumi e i laghi hanno lo stesso aspetto.

FregoliDall'altra parte riconosciamo noi stessi, i gesti sempre uguali che si ripetono. Naturalmente nella fiction ridanciana, laddove lo scontro tra maschio e femmina si ripete con le medesime battute, quasi identiche sfumature, Gloria Swanson o Clara Bow che affermano il principio di una donna sempre meno sottomessa all'uomo, una femminilità autonoma, forte, capace di costruire un mondo e una società umana diversi. Oltre ai due capolavori It di Clarence Badger e Stage Struck di Allan Dwan, un altro capolavoro di intelligenza è un piccolo film della Vitagraph, del 1914, al contempo avanguardia surrealista, commedia sofisticata e horror, The Ageless Sex di Harry Lambert, nel quale un uomo sposato ha un incubo, in cui scopre con orrore che la giovane e avvenente moglie è in realtà una sessantenne la cui bellezza è rimasta inalterata grazie a vari congegni, cosicché vediamo la decomposizione integrale e grottesca di un corpo, dalla dentiera agli occhi fino alle gambe. Siamo ancora dalle parti dell'avanguardia con gli italiani La storia di Lulù e Amor PedestreAmor Pedestre, della torinese Ambrosio, rispettivamente di Arrigo Frusta e Marcel Fabre, e i vari Fregoli barbiere mago, Fregoli barbiere maldestro, Fregoli prestigiatore, Fregoli trasformista, ecc., di Leopoldo Fregoli, comico pre-surreale, i quali confermano la rilevanza del cinema futurista italiano, purtroppo in gran parte perduto. I film di Lucio D'ambra avvalorano questa tesi, laddove nei tre film proiettati (Le mogli e le arance, La principessa Bebè, I due sogni ad occhi aperti) si riscontra chiaramente una ricchissima sensibilità estetica, nelle inquadrature che esaltano le espressioni dei personaggi, fino alle eccentriche iperboli stilistiche caratterizzate non solo dai tratti caricaturali di costumi e trucchi ma anche dalle scenografie geometriche, vere e proprie costruzioni di una fantasia bizzarra. Molto più meliesiano invece l'apporto di Fabre in Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola che può benissimo esser considerato un antesignano mirabile di trash, di messa in scena di serie Z, che non pregiudica il divertimento anzi lo amplifica per la sua provocante inverosimiglianza.

It
The Girl And Her Trust

Tornando al discorso del vero perturbante, i gesti del muto, dicevamo, sono i medesimi nella commedia, ma nel porno sono ancora più primitivi ed essenziali. Solo congiunzione di corpi e desiderio, il porno è l'unico genere destinato a non progredire, a non mutare mai, perché altrimenti sarebbe altro dal porno. Certo dispiace leggere nel catalogo la preoccupazione sulla violenza di un'anatra in Le canard (filmato 1, filmato 2)quando agli ospiti del festival venivano offerte quotidianamente trippe e affini. La dignità e il rispetto degli animali hanno bisogno di una autentica consapevolezza altrimenti rendono ridicoli chi pronuncia confuse affermazioni animaliste.
Ancora Griffith, infine, del 1912, ostinato a regolare la messa in scena in una evoluzione millimetrica, che lo vede liberarsi parzialmente delle ambientazioni in interni. Un Griffith da valutare nelle opere degli spazi aperti, ove impressionano gli inseguimenti in campo lungo e lunghissimo, quelli di The girl and her trust o A beast at bay e il mondo selvaggio del West con gli indiani, The massacre e A pueblo legend. Un Griffith che conferma la classicità del cinema americano, per quanto riguarda l'evoluzione del linguaggio, e una sua propensione sempre più evidente verso la Grande Storia che si esalterà naturalmente nei suoi primi lungometraggi Nascita di una nazione e Intolerance.

Andrea Caramanna