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Quattro giorni a settembre Anno: 1997 Regista: Bruno Barreto; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: Brasile; Data inserimento nel database: 04-06-1998
Guy Bennett: "Ma tu sei contrario a tutto".
Tom Judd: "Ti sbagli. Della rivoluzione sono a favore"
(da "Another Country")
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Dal romanzo autobiografico di Fernando Gabeira, la storia del rapimento
a Rio de Janeiro il 4 settembre 1969 dell'ambasciatore degli Stati Uniti
Charles Burke Elbrick (Alan Arkin) ad opera del gruppo rivoluzionario
MR-8 opposto alla dittatura militare. Il gruppo chiede e ottiene la
liberazione di alcuni compagni prigionieri del regime, viene in seguito
catturato per intero e liberato dopo un altro sequestro.
Candidato all'oscar come miglior film straniero, pressocche' snobbato
dal pubblico nelle sale, questo film del regista brasiliano Bruno
Barreto racconta con estremo rigore e lucidita' un episodio di grande
importanza nella vita di un manipolo di persone. Alieno da retorica
ideologica e da prese di posizione, "Quattro giorni a settembre" ci pone
davanti agli occhi alcune clamorose verita' difficili da accettare: le
rivoluzioni le fanno in pochi sparuti gruppi di ragazzini idealisti e
disorganizzati, spesso con obiettivi poco chiari, ma col grande coraggio
che e' sempre dalla parte dei giovani e degli idealisti. La gente, la
maggior parte della gente nei regimi dittatoriali si comporta ne' piu'
ne' meno come la signora affacciata alla finestra che, scorti dei
movimenti sospetti nei paraggi della villa dell'ambasciatore, telefona
alla polizia. Le masse si adattano, collaborano, pensano a vivere "alla
meno peggio" e con la pancia piena.
Descritto con estrema sensibilita' anche il personaggio
dell'ambasciatore, che in fondo e' uno straniero in una terra che non
capisce appieno, cosi' diversa dagli Stati Uniti. E che e' un uomo con
le sue paure, le sue debolezze, le sue piccolezze, come quel suo
sentirsi nudo senza cravatta e inerme di fronte alla paura...
E poi c'e' il Brasile, questa terra che da sempre, anche oggi, trova
soluzione a tanti dei suoi problemi nel carnevale e nel calcio. E forse
non e' un caso che il sequestro si chiuda li', di fronte al Maracana',
luogo dei sogni di tutti i brasiliani.
"Quattro giorni a settembre" non e' un film politico, nel senso che non
ci da' soluzioni e non ci spinge ad abbracciare nessuna ideologia:
persino i poliziotti sono visti ne' piu' ne' meno che come normali
esseri umani come tanti altri, che soffrono come tanti altri, e che sono
costretti ad ubbidire ai loro superiori. Ne' piu' ne' meno dei
rivoluzionari.
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