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Parvaz-e Zanbur
Anno: 1998
Regista: Min Biong Hun; Jamshed Usmonov;
Autore Recensione: p.t.
Provenienza: Tadzhikistan;
Data inserimento nel database: 27-11-1998


Parvaz-e zanbur
Visto al

      Parvâz-e Zanbur

      The Flight of the Bee

Regia: Jamshed Usmonov e Min Biong Hun
Sceneggiatura: Jamshed Usmonov
Fotografia: Min Biong Hun
Suono: Svetlana Kudratova
Interpreti: Muhammadjon Shodi, Mastura Ortik, Taghoymurod Rozik, Fakhriddin Fakhriddin, Beknazar Kabirov, Mardonkul Kulbobo
Produzione: Jamshed Usmonov, Min Biong Hun, Dom 2, Kv 18, Ul.Antonova Ovssenko, Moscow, Russia, 123317, tel. 7-95-2563006
Formato: 35 mm. b/n
Provenienza: Tadzhikistan
Durata: 88'
Anno: 1998


Il film è impregnato di "didattichese", attribuibile non solo alla professione del protagonista, insegnante elementare in uno sperduto villaggio del Tagikistan(ancora più sottopagato di quanto non accada nelle nostre scuole libere avviate ad un destino di parificazione confessionale).

Virato con un color seppia che attribuisce un'ulteriore patina d'altri tempi al girato, conferisce ancora più monumentalità al fatto che sia l'opera prima di due studenti del VGIK, la famosa scuola di cinema moscovita.

Una sorta di "saggio di laurea" giocato sull'onda dell'apologo, la cui morale debole (per fortuna) tiene in n giusto equilibrio realismo e fiaba, senza scivolare progressivamente nel bozzettismo o nell'insegnamento tout court a cui appellarsi.

L'insegnante, vittima di un'ingiustizia "sociale" decide di vendicarsi, usando le stesse armi degli oppressori: si ostina a costruire una latrina nella sua proprietà privata (da antologia la sequenza in cui il sindaco, con alle spalle una fotografia di Vladimir Ulianov Ilic, gli dice che il suo rivale può fare quello che vuole sulla propria proprietà) sotto la finestra del sindaco del villaggio, per fargli provare i tanfi maleodoranti che egli deve subire a seguito di una situazione analoga a quella che lui cerca di ricreare e che il sindaco tenta in ogni modo di impedirgli, usando metodi violenti e coinvolgendo anche i figli innocenti, buoni come capri espiatori.

Assistiamo ad un'escalation nel determinismo del protagonista, fanatico assertore della non violenza, che non si arresta nemmeno di fronte al travalicamento di ogni limite morale insito nell'applicazione della legge del taglione, ma interrompe la propria guerra privata di fronte ad un evento naturale: l'improvvisa comparsa di una sorgente d'acqua dolce, al culmine del suo accanito scavare nella fossa per la latrina "vendicativa". Una sorta di miracolo spontaneo che spezza un circolo vizioso, una semplice variazione sul tema, un escamotage per concludere il saggio visivo dei due giovani registi/studenti: forse un'idea per terminare il film con dignità ed interrompere la catena dei soprusi tra classi sociali

O direttamente, in un afflato buonista, la lotta di classe? Infatti la moglie, pronta a chiedere aiuto al rivale concupiscente, per liberare il giovane figlio da una minaccia di "riformatorio" per un furto non commesso e orchestrato nella guerra contro il marito (una merce di scambio da barattare con la distruzione della latrina costruenda) finisce per venire vissuta come la parte debole, incongruente, compromissoria, collusa con il potere, al confronto della resistenza tenace e caparbia del maestro, pronto a non recedere nei suoi intenti, ma attento a cogliere i segni del destino, specie se sono "dolci" come il nettare delle api del titolo, che hanno scelto di vivere proprio accanto al suo desiderio di vendetta.