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O fantasma
Anno: 2000
Regista: João Pedro Rodrigues;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Portogallo;
Data inserimento nel database: 13-09-2000


O fantasma – Il fantasma

O fantasma – Il fantasma
Regia: João Pedro Rodrigues
Sceneggiatura: João Pedro Rodrigues, José Neves, Paulo Rebelo, Alexandre Melo
Fotografia: Rui Poças
Produzione: Amãndio Coroado, Rosa Filmes
Interpreti: Ricardo Meneses (Sérgio), Beatriz Torcato (Fátima), André Barbosa (João), Eurico Vieira (Virgilio)
Origine: Portogallo, 2000, 90 min.

Il fantasma è il luogo oscuro dell’anima. Tale visione fantasmatica, quando esplode in immagini “insopportabili”, può provocare un rifiuto netto, che è il sintomo di una rimozione psicologica. Il titolo del film è inequivocabile. Innanzi tutto si può riferire alla nozione classica della psicanalisi freudiana, per la quale il termine indicherebbe la scena immaginaria in cui il soggetto è presente come protagonista o come osservatore, e in cui si realizza l’appagamento dei suoi desideri inconsci, i fantasmi di desiderio. E nel film di Rodrigues questa nozione assorbe completamente l’esile intreccio narrativo, ma soprattutto, le caratteristiche stilistiche della rappresentazione. L’interpretazione del film potrebbe dunque corrispondere alla analisi del fantasma. In “Logica del senso” Deleuze descrive le caratteristiche del fantasma, partendo dagli studi freudiani, ma tentando una difficile estrinsecazione del senso (che consisterebbe nel verificarsi dell’evento) da quello che si può considerare un fenomeno potente e misterioso della natura umana e non solo. Vediamone gli elementi principali cercando di inferirne la dimensione perspicua inerente al film.
“Il fantasma ha tre caratteri principali.” – ne considereremo qui soltanto due - “1) Non rappresenta né una passione, bensì un risultato d’azione e di passione, cioè un puro evento. La questione se tali eventi siano reali o immaginari non è ben posta. La distinzione non è tra l’immaginario e il reale, ma tra l’evento come tale e lo stato di cose corporeo che lo provoca o nel quale si effettua. Gli eventi sono effetti. Ma appunto perché effetti essi devono essere collegati con cause non soltanto endogene, ma esogene, stati di cose effettivi, azioni realmente intraprese, passioni e contemplazioni realmente effettuate” Si tratta, in effetti, di una precisa definizione/posizione del fantasma che si situerebbe per così dire in un frammezzo, in un territorio neutro o intermedio: “Il fantasma, alla maniera dell’evento che rappresenta, è infatti un attributo noematico che non soltanto si distingue dagli stati di cose e dalle loro qualità, ma anche dal vissuto psicologico e dai concetti logici. In quanto tale fa parte di una superficie ideale, sulla quale è prodotto come effetto e che trascende l’interno e l’esterno, poiché ha la proprietà topologica di mettere in contatto il suo lato interno e il suo lato esterno per dispiegarli su un unico lato. Il fantasma-evento è perciò sottoposto alla doppia causalità, rinviando da un lato alle cause esterne e interne da cui risulta in profondità, ma dall’altro alla quasi-causa che lo opera alla superficie e lo fa comunicare con tutti gli altri eventi-fantasmi”. Nel film il percorso di Sérgio si configura come semplice evento: vediamo compiersi brutalmente il risultato dell’appagamento di un desiderio in tutte le sue varianti. Bisogna aggiungere che nel caso di Sérgio non abbiamo alcun processo parallelo di controeeffettuazione. Capacità con la quale potrebbe essere individuato quell’unico germe d libertà, e cioè la possibilità di sublimazioni e simbolizzazioni del fantasma. Nel film, assistiamo, probabilmente a una “effettuazione” radicale del fantasma: non ci sono né filtri, né contromisure, né tanto meno operazioni di sublimazione. “Né attivi né passivi, né interni né esterni, né immaginari né reali, i fantasmi hanno proprio l’impassibilità e l’idealità dell’evento. Di fronte a tale impassibilità ci ispirano un’attesa insopportabile, l’attesa di ciò che risulterà, di ciò che sta già risultando e che non finisce di risultare”. È chiaro che l’effettuazione del fantasma può configurarsi come una coazione a ripetere all’infinito. Nel film assistiamo a un girovagare del personaggio e il succedersi delle azioni che si perpetua senza che si possa intravedere un esito definito.
“2) Il secondo carattere del fantasma è la sua situazione rispetto all’io o meglio la situazione dell’io nel fantasma stesso. È vero che il fantasma trova il suo punto di partenza (o il suo autore) nell’io fallico del narcisismo secondario. Ma se il fantasma ha la proprietà di rovesciarsi sul suo autore, qual è il posto dell’io nel fantasma, tenuto conto dello svolgimento o dello sviluppo che ne sono inseparabili?” Questo interrogativo coincide con una prerogativa del protagonista Sérgio: il processo di individuazione di una soggettività nel flusso di immagini che sembrano inglobarlo, quasi a sbiadire e dissolvere i connotati umani, il costume nero è un segno del vuoto, del buio, che è un continuum con l’oscurità dell’ambientazione. Per Laplanche e Pontalis: “Il fantasma originario si caratterizzerebbe per un’assenza di soggettivazione abbinata alla presenza del soggetto nella scena… si trova abolita ogni ripartizione tra il soggetto e l’oggetto… il soggetto non mira all’oggetto o al suo segno, figura egli stesso preso nella sequenza di immagini…, viene rappresentato come facente parte della scena senza che, nelle forme più vicine al fantasma originario, possa essergli assegnato un posto”. Questa concezione si riferisce a un’individuazione dell’io autoerotico: Sérgio che rivela il suo io narcisistico, si guarda allo specchio (un’immagine classica della sindrome narcisistica) ed è omosessuale, cioè è attratto dallo “stesso” (homos). Ma l’omosessualità è anche la posizione neutra, una scelta forse: “in altre parole, entro nel neutro quando mi accorgo che l’opposizione posta dall’opinione corrente (per esempio quella tra maschile e femminile) è inadeguata a descrivere la mia esperienza… differente rispetto al modo in cui la sessualità è stata pensata finora” (Perniola in “L’arte e la sua ombra” citando Barthes). E del resto tale posizione è la stessa che abbiamo già delineato nella definizione deleuziana di fantasma.
Deleuze nell’individuazione dell’io nel fantasma si spinge ancora più avanti: “In verità, il superamento dell’attivo e del passivo e la dissoluzione dell’io non si compiono nella direzione di una soggettività infinita o riflessa… Ciò che appare nel fantasma è il movimento per cui l’io si apre alla superficie e libera le singolarità acosmiche, impersonali e preindividuali che imprigionava. Le libera alla lettera come spore ed esplode in tale alleggerimento. Bisogna interpretare l’espressione energia neutra in questo senso: neutro significa dunque preindividuale e impersonale, ma non qualifica lo stato di un’energia che verrebbe a raggiungere un senzafondo, rinvia al contrario alle singolarità liberate dall’io mediante la ferita narcisistica”.
Come si vede le pratiche sessuali corrispondono soltanto a una particolare rappresentazione del fantasma, effettuazione di alcuni eventi alla superficie. Ma certamente “Il fantasma” rappresenta integralmente un mondo di ombre. La contrapposizione tra idealità ed ombre è ben nota dai tempi di Platone. E dobbiamo senz’altro ricordare l’incapacità dei filosofi di esplorare i mondi sotterranei, mentre sono stati soprattutto letterati e poeti a rammentarci questa ingombrante presenza (vedi a proposito i saggi di Aldo Carotenuto ed in particolare I sotterranei dell’anima o Franco Rella Le soglie dell’ombra. Riflessioni sul mistero” e il recente “L’arte e la sua ombra” di Mario Perniola). Vorrei chiudere citando un brano da “Negli occhi di Vincent. L’io nello specchio del mondo” di Franco Rella, che potrebbe essere utile a comprendere l’ostilità maggioritaria nei confronti di questo film, proprio perché mette allo scoperto le ombre che vorremmo nascondere o fare finta che non esistano, ma ciò è impossibile. “Ma cosa resta dell’uomo quando questi è privato della sua notte e delle immagini che dentro questa notte abitano? Il filosofo muove dietro all’idea, ben sapendo come ha scritto Hegel nella Fenomenologia, che questa non potrà trasformarsi in verità se non mediante l’azione negatrice, che distrugge ciò che le si oppone. Questo è il compito del filosofo (a cui seguiranno, ha scritto Hegel, se necessario, cannoni ed eserciti), anche se questa distruzione dovesse significare la distruzione del mondo intero. Infatti, ha detto ancora Hegel, è distruggendo il mondo che non corrisponde all’idea, che si creerà, grazie a questa stessa distruzione, il mondo conforme all’ideale. [Tali osservazioni di Hegel, che fanno un po’ tremare i polsi, rientrano nel discorso sul virtuale, sulle immagini digitali, e su quella fatale oscillazione verso le idee platoniche, che il nostro Adriano Boano, ha letto in una chiave lucidamente effettuale]. “Ci troveremo così nella luce, di faccia a un mondo ideale, ma “scorticato”, ha scritto Bugalkov, della sua ombra. Di faccia a un mondo di macerie, a una sterminata distesa di rifiuti, che stanno nelle periferie della repubblica platonica, o in quelle dello stato dello spirito assoluto di Hegel.” Che è poi l’universo marginale, periferico, la stessa distesa di immondizia descritta da Rodrigues.