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Nonhosonno Anno: 2000 Regista: Dario Argento; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: Italia; Data inserimento nel database: 06-01-2001
Nonhosonno
Nonhosonno
Regia: Dario Argento
Sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini con la collaborazione di Carlo
Lucarelli
Fotografia: Ronnie Taylor
Scenografie: Antonello Geleng
Effetti Speciali: Sergio Stivaletti
Musiche: Goblin
Interpreti: Stefano Dionisi (Giacomo), Max Von Sydow (Ulisse Moretti), Chiara
Caselli (Gloria), Rossella Falk (Laura De Fabritiis), Roberto Zibetti
(Lorenzo), Gabriele Lavia (Avv. Zibetti), Massimo Sarchielli (Leone), Paolo
Maria Scalondro (Commissario Manni)
Origine: Italia, 2000, 117'
Distribuzione: Medusa
$align="left"; include "image1.php3"; ?>Il titolo del
film, una parola sola, suggerisce anche una sola sensazione: l'oblio
della/dalla realtà, l'ineffabilità e l'incertezza dei punti di riferimento.
Così Dario Argento è sublime quando segue il suo istinto, lasciandosi
trascinare dalla macchina da presa, nel meccanismo di produzione di quegli
sguardi voragine, piani sequenza, che non hanno soluzione di continuità. La
prima lunga sequenza è la più bella almeno per un paio di motivi. Il primo è
che rende indifferente, come spazio scenico, il dentro e il fuori. La stanza da
letto dove si trovano il cliente e la prostituta è uguale al fuori, che segna
l'inizio di un percorso di fuga impossibile. Forse proprio perché non è
fattibile uscire, o meglio non si esce attraversando la strada deserta (primo vuoto),
né salendo in treno (secondo vuoto). I luoghi claustrofobici sono invasi da
quella presenza-sguardo - sono le soggettive a segnare l'entrata in campo
dell'assassino - che alla fine aggredisce la vittima. Argento non dà mai scampo
alle sue vittime, già dalle scelte stilistiche, lontane da ogni ipotesi di
verosimiglianza, che sono il segno-fardello di un terribile destino. Così il
movimento della macchina da presa procede innescando la paura e il desiderio.
Suggeriva Enrico Ghezzi citando Descartes: "L'orrore è istituito dalla
natura per rappresentare all'anima una morte improvvisa e inopinata, di modo
che, benché a volte a farci provare orrore basti il contatto con un verme, o lo
stormire tremante di una foglia, o la propria ombra, si sente subito un'emozione
forte come se i sensi percepissero un acutissimo ed evidente pericolo di morte,
il che produce immediatamente un moto che spinge l'anima ad impiegare tutte le
sue forze per evitare un male così vicino e presente; di solito questo
desiderio si chiama fuga o avversione". Così nel film il momento di panico
produce la fuga, una fuga disperata, che coincide con il desiderio di sottrarsi
all'ombra della morte che naturalmente è invisibile.
$align="left"; include "image2.php3"; ?>Già si afferma che Argento è tornato
al giallo, e questa definizione di genere può anche valere, visto che nel libro
di Sebastiani e Sesti "Delitto per delitto. 500 film polizieschi"
sono inclusi ben quattro film di Argento (Profondo Rosso, L'uccello
dalle piume di cristallo, Opera, Quattro mosche di velluto grigio).
Nella scheda di Profondo rosso si dice: "Il più barocco e
suggestivo dei thriller del maestro italiano del brivido, l'ultimo prima della
svolta horror. Come se prima di tuffarsi nello splatter portasse alla massima
estenuazione il rituale di ferimenti, mutilazioni, morti violente che il
disegno del thriller, nella sua classica articolazione di visione del delitto,
indagine, rivelazione del colpevole, consente". Tuttavia in Nonhosonno
la parte splatter non corrisponde a eccedenze stilistiche del genere poliziesco.
Lo splatter ha funzione voyeuristica. È il piacere sadico dello sguardo, che si
rende concreto nella composizione feticistica e pittorica del teatro
dell'assassinio.
Il risultato è lo stridore ricorrente tra una scena e l'altra. Forse Argento
non può girare scene di puro poliziesco, quadretti in cui i detective si
scambiano le battute ragionando sul caso o alcuni protagonisti hanno il tempo
di amoreggiare (Dionisi e Caselli). Tutto superfluo rispetto alla sapienza
espressiva di alcuni gesti cinematografici. Se i primi minuti della fuga in
treno sono superbi, il resto procede a corrente alternata proprio come la
memoria del grandissimo Max Von Sydow nei panni del poliziotto in pensione.
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