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Kiss kiss (bang bang)
Anno: 2001
Regista: Stewart Sugg;
Autore Recensione: Andrea caramanna-
Provenienza: Gran Bretagna;
Data inserimento nel database: 05-07-2001


Kiss kiss bang bang

Kiss kiss bang bang
Regia: Stewart Sugg
Sceneggiatura: Stewart Sugg
Fotografia: Tony Pierce-Roberts
Montaggio: Jim Clark
Produzione: James Richardson
Interpreti: Stellan Skarsgard (Felix), Chris Penn (Bubba), Paul Bettany (Jimmy), Martine McCutcheon (Mia), Jacqueline McKenzie (Sherry), Allan Corduner (Big Bob), Peter Vaughan (Daddy Zoo)
Origine: Gran Bretagna, 102 min., 35mm

Visto al Taormina FilmFest 2001

Il gusto onomatopeico del titolo funziona benissimo, e il gioco dell'identificazione nel sogno regala al film una sua penetrante originalità. Per molti motivi. Innanzitutto l'ibridazione tra generi, tra commedia comica con sequenze al fulmicotone (ritmi perfetti, straordinaria brillantezza dei tempi della battuta) e commedia drammatica, per il quale Kiss kiss bang bang può senz'altro ricordare il melodrammatico straniamento e l'iperrealismo quotidiano del cinema di Aki Kaurismaki. Dall'altra parte il personaggio di Bubba è la figura dell'idiota sapiente, più Mr. Bean che Forrest Gump, il cui distacco dal mondo serve proprio a farcelo continuamente scoprire da nuove prospettive. Un incanto che si ripete ogni volta che Bubba (un eccellente Chris Penn) si muove e interagisce con gli altri personaggi e col mondo. Perché ogni suo gesto diventa davvero una palingenesi del mondo reale, come la pioggia che ha sapore di buono o "il cielo che è azzurro", gli dice Felix, "le nuvole sono quelle bianche e quella luce è il sole". Bubba esce dalla stanza dorata in cui lo ha confinato il padre con l'obiettivo impossibile di risparmiargli le sofferenze della vita adulta. L'interazione tra i vari personaggi è la chiave di volta del film. Che si legge sempre sui movimenti dei corpi, non solo quelli più appariscenti, buffi e teneri di Bubba, ma tutti gli altri che scrivono veri e propri segni del fumetto. Un disegno animato che comunica l'incessante bisogno di un ritorno. Un ritorno percorso da un movimento di ballo, trattenuto e poi deflagrante nel numero musical alla toilette tra Bubba e Mia, ritorno verso la fanciullezza, verso lo stupore del bambino e la sua naturale, ineffabile, magica, saggezza. La bellezza della vita e poi la dignità del morire, la morte che va affrontata come lo scimpanzé che, malato gravemente, si nasconde nella foresta, si ferma nei pressi dell'albero, lontano da tutti, là dove può morire in solitudine. A questo punto, vale a dire alla conclusione di un processo che appare circolare, la fotografia che si ripete all'inizio e alla fine, identica, ma abitata da generazioni diverse, il senso del tragicomico è percepibile come possibilità e necessità anche del sacrificio (la morte di Bubba); una storia le cui parti contribuiscono intensamente a raffigurare l'unica, splendida, metafora: quella dell'esistenza umana.



Conferenza stampa con Stewart Sugg (regista) e James Richardson (produttore)

C'è un po' di Forrest Gump nel personaggio di Buba?
Stewart Sugg: No, assolutamente, non avevo pensato a Forrest Gump.
James Richardson: Abbiamo portato molte modifiche al copione che si chiamava "Felix and the babe" e alla fine è rimasta centrale la storia del killer ed il bambinone.

Il lavoro attoriale, quello soprattutto di Chris Penn

Stewart Sugg: I due attori sono stati fantastici li ho inseriti in una nuovo spazio in cui potessero lavorare, mi piace sfidare e stimolare gli attori. E Chris Penn è una figura molto autoritaria, pur non avendo lavorato in commedie, è molto versatile. Volevo comunque che il film fosse internazionale, non c'era un attore inglese adatto al suo ruolo.
James Richardson: Chris ha detto che non aveva mai perso in uno scontro verbale con un regista ed invece con Stewart si è dovuto arrendere

Da dove nasce questo titolo?
Stewart Sugg: Volevo che avesse un suono internazionale e divertente, l'idea di base è di Godard vale a dire che tutti i film sono su una pistola ed una ragazza. Credo che questa combinazione dia al film un tocco di grande leggerezza

Il titolo è stato pensato alla fine?
Stewart Sugg: No, è stato pensato prima per creare un effetto forte

La scenografia, l'ambientazione sembra quasi un fumetto
James Richardson: Sì, abbiamo cercato di combinare più generi la commedia, il noir, la comicità, credo che Stewart abbia rilevato delle somiglianze con i primi film di Luc Besson, con una scenografia molto originale e nuova
Stewart Sugg: Sì, l'idea di molti personaggi mi piace e che siano anche molto delineati. Mi interessa scoprire i sentimenti universali che coinvolgono il pubblico. La stazione di pompaggio ricorda vagamente le ambientazioni di Terry Gilliam.
James Richardson: Ci abbiamo visto un set grandioso perfetto per il nostro budget ridotto.

La scelta di Paul Bettany è perché lo ha visto in Gangster n. 1?
Stewart Sugg: No, non avevo ancora visto il film quando ho incontrato Paul, credo diventerà una grande star grazie alla sua fantastica presenza

Bubba non è un personaggio metaforico? Cosa può dirci sulla paternità, vista in modi differenti?
Stewart Sugg: Abbiamo giocato molto con questa idea della paternità, è un viaggio tra due estremi tra un personaggio molto cinico e Bubba che è segregato e non conosce il mondo perché il padre vuole evitargli ogni contatto esterno per evitargli i dolori della vita all'esterno. Si vede bene lo scambio, è molto intensa l'interazione tra questi due personaggi.