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La dodicesima notte - Twelfth Night: Or What You Will Anno: 1996 Regista: Trevor Nunn; Autore Recensione: Giampiero Frasca Provenienza: USA; UK; Data inserimento nel database: 02-12-1997
La Dodicesima Notte (Twelfth Night: Or What You Will), di
Trevor Nunn. Sceneggiatura di Trevor Nunn, dall'opera di
William Shakespeare. Musiche, Shaun Davey. Con Helena Bonham
Carter (Olivia), Richard E. Grant (Sir Andrew Aguecheek),
Nigel Hawthorne (Malvolio), Ben Kingsley (Feste), Mel Smith
(Sir Toby Belch), Imelda Staunton (Maria), Toby Stephens
(Orsino), Imogen Stubbs (Viola), Nicholas Farrell (Antonio),
Steven Mackintosh (Sebastian), Sid Livingstone (Captain)...
G.B. 1996. Dur.: 2h e 10'.
Ennesimo adattamento da un'opera shakespeariana, La
dodicesima notte di Trevor Nunn lascia perplessi per diversi
aspetti messi in scena dal suo autore. Tra le poche commedie
dell'immortale Bardo a non essere stata saccheggiata da
produzioni cinematografiche più o meno felici (solo
un adattamento precedente, quello a disegni animati della
Christmas Film Studio di Mosca - la vecchia Soyuzmultifilm -
del 1991), La dodicesima notte aveva un grande campo libero
davanti a sé e la possibilità di non
confrontarsi con nessun precedente illustre. Commedia
dell'ambiguità, dell'identità scambiata e del
rapporto tra apparenza e realtà, l'originale
shakespeariano offriva un potenziale espressivo elevato.
Nunn, che il film lo ha anche scritto, opta per una
trasposizione il più fedele possibile all'originale,
alimentando la narrazione con una recitazione affettata e
declamatoria (ricalcando un po' il Branagh-pensiero),
cercando di sottrarsi ai rischi del teatro filmato con una
messa in scena dal grande ritmo e contando su attori di
sicuro affidamento. Ma qualcosa non convince del tutto, e
non si tratta soltanto della delusione del fantasma di cui
parla Metz, e cioè della delusione che colpisce lo
spettatore cinematografico dopo aver visto un film tratto da
un romanzo che si è tanto amato. Qualcosa delude...
Prima di tutto il clown Feste: una delle invenzioni
più felici di Shakespeare per sarcasmo, cinismo,
amarezza e disincanto, diventa un triste figuro con le
fattezze di Ben Kingsley, amaro, depresso e soprattutto mai
brillante. Poi il punto che fa crollare tutta la struttura
su cui è basata la pellicola: i due gemelli, che sono
la ragione di tutti gli equivoci della storia, non si
somigliano per niente. Nel teatro elisabettiano questo non
era assolutamente un inconveniente, abituato com'era il
pubblico ad accettare tacite convenzioni di finzione, ma
quattrocento anni dopo, in un medium come il cinema che fa
sempre i conti con un referente reale, le convenzioni di un
tempo non sono più valide e la struttura che ne
scaturisce è un po' troppo farraginosa e grossolana.
Il film però ha un grande merito, quello di aver dato
un arrangiamento musicale stupendo alle canzoni di Feste il
clown.
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