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Tempête Anno: 2015 Regista: Samuel Collardey; Autore Recensione: Roberto Matteucci Provenienza: Francia; Data inserimento nel database: 26-10-2015
“Non ci sono mestieri inutili.”
Quando il matrimonio era indissolubile e ognuno aveva il proprio compito specifico, i ruoli in famiglia erano chiari e certi.
La famiglia non si è allargata, si è sparpagliata; la confusione regna sovrana, domina il vuoto: a chi spetta e quali siano i compiti educativi?
Un genitore divorziato o separato deve lavorare, deve educare i figli. Se il reddito della propria attività è limitato, la vita domestica si trasforma in una tempesta. Il regista Samuel Collardey ci racconta degli ostacoli di una famiglia di separati in Tempête.
Dom è un uomo divorziato, ha due figli adolescenti i quali hanno scelto di vivere con lui.
Proviene da una famiglia di pescatori, e ha seguito la passione dei genitori imbarcandosi su un peschereccio. È un lavoro duro, resta alcuni giorni in casa per poi stare settimane in mare.
Non riesce a conciliare l’educazione dei figli con la realizzazione del suo lavoro.
Il film inizia con una festa in un pub con tanti pescatori, cantano e bevono.
Sebbene il mare grosso, le difficoltà, le fatiche, tutti hanno la passione per il mare. Fra loro c’è Dom.
Scena successiva, Dom è a casa mentre insieme a figli e ai loro amici fuma. Nonostante la mancanza della madre, sono contenti e stanno bene.
La prima parte gioiosa sparisce con l’arrivo delle solite idiozie compiute dagli adolescenti.
La figlia Mailys rimane in cinta. Il padre è lontano, imbarcato, e non si può prendere cura di essa. Sarà il motivo di una prima tensione e di una successiva separazione.
Ci saranno un susseguirsi di tensioni, contrasti, litigi. La conseguenza sarà anche l’allontanamento del figlio Matteo.
Il quesito dell’autore: come si riesce conciliare le varie esigenze della vita?
Se sto dietro, tutto il tempo, ai figli, rischio di perdere il lavoro.
Se sto dietro al lavoro, rischio di perdere i figli.
E se perdo il lavoro, perdo pure i figli e viceversa.
Non c’è scelta.
Il film è interessante, vero, vivo.
Il linguaggio del regista particolare. È recitato dai protagonisti veri, e usando un linguaggio narrativo nasconde un documentario su uno spezzato di vita familiare.
“…il giorno che ho conosciuto Dominique mi è piaciuto subito, anche perché ci ha raccontato un’esperienza che ha avuto con i figli da cui in pratica è stata tratta la sceneggiatura”.
…
“Ho vissuto in casa di Dominique e seguito la sua vita a cominciare dal suo lavoro sopra il peschereccio …”
La bravura nel regista è cogliere la storia e aver portato, degli attori non professionisti, a recitare se stessi in modo partecipativo. La pellicola scorre fra momenti difficili ma anche felici.
Dom è fortunato ha il lavoro della sua vita. Sognava di essere un pescatore, ed è un pescatore. È gente semplice, cresciuti in famiglia, con lunghi periodi di assenza. Quando sono insieme sono allegri, cantano, raccontano storie e perfino i figli si appassionano.
Con Matteo il rapporto è più amichevole, come dimostra la divertente scena della cattura della pecora con relativo viaggio in macchina.
Alla fine della proiezione Dominique Leborne piangeva. Emozione meritata e confermata dalla vittoria come miglior attore della categoria Orizzonti.
Semplicità, scelta del soggetto universale, ottima scrittura consente sempre di ottenere un risultato notevole.
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