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L'intervallo Anno: 2012 Regista: Leonardo di Costanzo; Autore Recensione: Roberto Matteucci Provenienza: Italia; Svizzera; Germania; Data inserimento nel database: 24-09-2012
“Salvatore lo scemo o Salvatore il ciccione.”
Un affresco napoletano, sullo sfondo di una camorra sempre più arrogante, è raccontata da Leonardo di Costanzo in L’intervallo.
La storia si accavalla in una giornata, passata in fretta e furia, con il desiderio della troupe di andarsene a casa velocemente.
Salvatore detto Mimmo è un venditore di granite insieme al padre.
È un ragazzo di diciassette anni, cresciuto molto in fretta. L’inizio serve a costruire quest’immagine. Buono, gentile, abbandonato, non ha amici, sente la tensione di essere ai margini.
Una mattina un gruppo di camorristi gli sequestra il carrettino delle granite e lo obbliga a fare la guardia a una ragazzina, Veronica, dentro un fatiscente edificio.
Deve stare con lei fino all’arrivo di un boss.
Ovviamente a questo punto la storia si indirizza verso il rapporto fra i due giovani.
Mentre Mimmo è taciturno ma anche desideroso di conoscere la bella fanciulla, Veronica è già donna nella mente. Il suo corpo di ragazzina è coperto con vestiti da meretrice di basso ordine.
Lei si sente superiore al suo carceriere, lo tratta con sufficienza.
Ma una giornata da passare insieme in un palazzo vecchio e con mille sorprese è lunga, e alla fine comprenderanno quanto siano al limiti del mondo.
Acquisire una consapevolezza non serve a nulla, sono entrambi un piccolo ingranaggio di un mondo spietato.
Il regista si dilunga nelle vicende dell’edificio. I due ragazzi lo girano come se fosse un luna park, talmente è poco credibile come ambientazione. La simbologia claustrofobia è la stessa dei due ragazzini, sono all’interno di una società marcia, putrefatta, loro sono buoni, bravi e ingenui, sono solo delle vittime.
Non c’è nulla di nuovo in L’intervallo, è l’ennesimo film sulla camorra, senza stile.
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