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The Players Club
Anno: 1998
Regista: Ice Cube;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 19-08-1998


The Players Club di Ice Cube
The Players Club

Regia e sceneggiatura: Ice Cube
Direttore di Fotografia: Malik Sayeed
Montaggio: Suzanne Hines
Scenografia: Dina Lipton
Costumi: Dahlia Foroutan
Interpreti: Lisa Raye, Monica Calhoun, Bernie Mac
Jamie Foxx, Chrystale Wilson, Adele Givens

Direttore di Produzione: Patricia Charbonnet, Carl Craig
Produzione: Ghetto Bird
Distribuzione: New Line Cinema
Formato: 35 mm.
Provenienza: USA
Anno: 1998
Durata: 103'



Non troppo innovativo e la storiella moralistica è trita e risaputa. Non interessa nemmeno all´autore, che se ne sbarazza con la breve introduzione data dalla voce fuori campo della protagonista Diamond: ¨Un´esperienza degradante: feci il possibile perché quel lavoro non mi cambiasse…¨. Dopodiché ci si può immergere nel mondo dei rappers e degli spogliarelli.

 

Una volta entrati nel Club il film si segnala per l´atmosfera ispirata di certe sequenze e l´accuratezza di talune immagini (il direttore di fotografia č quello di Clockers e Girl 6 di Spike Lee).

Il lento movimento di macchina evocativo di altre epoche, mitizzate dai gangsta dei nostri tempi, scorre sulla parete dove campeggia un enorme Dollarone con il volto di Dollar Bill/Bernie Mac fino a scoprire lo stesso padrone del club, maneggione, destinato ad una brutta fine con la sua bombetta prestata da un´altra Chicago, non troppo seriamente citata attraverso un´esilarante ricostruzione della nascita dello strip tease in Africa, rimbalzando quell´arte tra le varie sponde del mercantilismo e della tratta degli schiavi, fino ad approdare ai fasti attuali.

Le fugaci immagini di spogliarello sono più efficaci del patinato Strip Tease di Demi Moore: carne soda, seduzione distratta, la dignità del corpo straripa in una situazione che non riesce a diventare degradante e umiliante grazie al rispetto di se imposto dalla protagonista. Tanta determinazione nell´affresco di donne così forti produce anche una deliziosa canzonatura al vetriolo degli sbirri bianchi masochisti, ai quali restituire le botte date a Rodney King.

Gli interni della limousine nera del boss paralitico afroamericano giocano su brevi riflessi di luce che contornano il suo scuro profilo notturno; tutto è nero tranne il bagliore luciferino da cui emerge il gangster, un´immagine davvero potente con i pori del volto in penombra che si indovinano tra le volute di fumo del sigaro. Da fumetto, come il vecchio mitra con caricatore rotondo che imbraccia durante l´irruzione.

Altrettanto suggestive le luci rosse all´interno del club che riempiono la pellicola di campiture segnate dalle gamme di colore che stanno a metà tra il rosso e il nero.

A proposito di botte: si può assistere ad una delle più coinvolgenti e selvagge rese dei conti al femminile viste sullo schermo, dove il sapiente uso del rallenti denuncia qualche debito verso Peckimpah, replicando dopo pochi minuti una delle più classiche risse da saloon inscenata poco prima dell´irruzione gangsteristica, preludio all´apoteosi con il bazooka.

Ottima la soluzione scelta per farci scoprire la scena dello stupro, svuotata dei protagonisti disgustati o terrorizzati: la mdp avanza gradualmete in falsa soggettiva, entrando nella camera, ma non indugia su particolari splatter (nessuna pornografia è rintracciabile nel film, nel senso che non ci sono immagini gratuite, fatte apposta per solleticare i bisogni più turpi del voyeur, ma inutili all´economia del racconto), sembra farsi da parte per rinviare allo spettatore il diritto di gettare uno sguardo dentro, poi entra come un turbine Diamond, la protagonista e torniamo in secondo piano a gustarci qualche altra situazione mitizzata.