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Loin des hommes
Anno: 2014
Regista: David Oelhoffen;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 17-11-2014


“Portami a Tinguit.” Nel 1954 in Algeria sono scoppiate molte ribellioni contro l’occupazione francese. È solo l’inizio di una lunga guerra, terminerà otto anni dopo. È l’epoca del film Loin des hommes, del regista francese David Oelhoffen. Fra il milione di francesi che vivevano in Algeria, nel 1954 c’è il maestro Daru. È nato in Algeria da genitori spagnoli. È un francese ma si sente a casa solo in nel paese africano, non potrebbe abitare in altro luogo. Per questo pur di rimanere, in un posto sperduto vicino un piccolo villaggio, ha aperto una scuola elementare. I suoi studenti sono tutti algerini. Panoramica sul deserto. Il nulla intorno ma distante si vede una costruzione. Si comincia a sentire delle voci, sono di bambini i quali corrono per andare a scuola. Circondati da tanta luce, appaiono una classe di bambini e un maestro. Daru in questa località solitaria è a casa sua. Il luogo è desolato ma è bellissimo ed esso ha una buona relazione con gli alunni. Tenta però di rimarcare le differenze come quando si fa il segno della croce. Le notizie delle tensioni tra francesi e algerini arriva anche il quel posto lontano. Gli portano Mohamed, un arabo arrestato per omicidio. Lo deve consegnare nella città di Tinguit. Un compito ingrato, rifiutato in un primo momento, sarà costretto ad accettare. Per un’ancestrale legge di sangue, Mohamed per vendetta è ricercato dai parenti del morto. Inizia un viaggio pericoloso e ricco d’insidie. Nell’affrontare i pericoli insieme, essi diventano amici. Incontrano i ribelli. Qui scopriamo il passato di Daru: è stato un comandante dell’esercito francese, ai cui ordini aveva tanti algerini ora nelle file del comitato di liberazione. Conoscerà anche l’esercito francese, molto diverso da quello in cui aveva prestato servizio. La crescita umana di Daru e Mohamed, avvenuta durante il viaggio, lì porterà a prendere delle decisioni drastiche e una scelta di campo chiara. Nel film l’Algeria è accompagnata da tanta luce, una musica assordante e poi silenzio, e poi rumori solo della natura. Con la soggettiva scopriamo un deserto pieno di persone e di occhi nonostante il vuoto apparente. Una struttura lineare, un crescendo umano, perfino divertimento come quando durante un violento temporale corrono a rifugiarsi nelle case senza tetto. Il film finisce come inizia. Stessa panoramica, stesse urla dei bambini durante la corsa a casa, ma è al contrario. Il regista ha una scelta di campo evidente. Nonostante nessuno lo abbia voluto entrambi, Daru e Mohamed, sceglieranno la parte debole.