Shrek terzo
titolo originale: Shrek the third
regia: Chris Miller
genere: animazione
durata: 92 min.
nazione: Usa
voci: Mike Myers, Eddie Murphy, Cameron
Diaz, Antonio Banderas, Justin Timberlake, Rupert Everett, Julie Andrews, John
Cleese, Larry King
Il re ranocchio di Molto Molto Lontano sta per morire e il
suo erede diretto in linea di successione è Shrek, il quale non volendo vivere per
sempre a corte decide di mettersi a cercare il secondo erede al trono, il
cugino Arthur. Nel frattempo Azzurro, stanco di essere esiliato dal trono che
nelle sue fantasie gli spetta di diritto, decide di dare l’assalto al regno
insieme a tutti i cattivi delle favole. A Fiona e tutte le altre principesse
non resta da fare altro che organizzarsi per respingere l’attacco.
“ Tu, non sai mentire. Dov'è Shrek? Beh, non so dove non è.
Non sai dov'è
Shrek. Al contrario. Sai allora dov'è. E possibile più o meno che non
respinga del tutto l'idea che innegabilmente...Smettila!...so o non so
dove probabilmente essere, sempre che lui non sia dove non è.”
(Il Principe Azzurro e Pinocchio)
Terzo capitolo della saga dell’orco più famoso del cinema ,
questo Shrek terzo procede allegro tra citazioni ed ammiccamenti regalando
un’ora e mezza spensierata.
Si comincia col capezzale del re ranocchio, padre di Fiona,
che morendo a rate in una scena da gag di avanspettacolo mette Shrek nei guai. La
cerca dell’erede si traduce nel salvataggio dello stesso, abbandonato dal padre
in una scuola della quale è lo zimbello, preso in giro da Lancillotto e
compari, come in tutti i college americani che si rispettino. Il cugino Artie
(in realtà Arthur Pendragon, vi dice niente?) è un tormentato ragazzino,
allievo di un Merlino che sta cercando sè stesso nella foresta, ed ha
rinunciato alla magia a favore del potere cosmico degli abbracci.
La scena dell’incontro con Merlino reso svagato e un pò
figlio dei fiori è assai divertente nel suo semplice prendere in giro tutti i
canoni delle favole, come anche le principesse che, sotto la minaccia
dell’assalto al palazzo assumono “le posizioni” da salvataggio, scena questa
che strappa più di una risata, insieme con la parte in cui le stesse bruciano
reggiseni e scendono in battaglia sulle note dei Led Zeppelin.
A differenza del secondo episodio della serie questo terzo
non offre grossi picchi di divertimento, e rinuncia al tentativo di coerenza
insito in una trama, procedendo invece ad un buon ritmo sostenuto solo da gag
infilate una dietro l’altra, che sfottono come sempre tutto l’apparato da
favola che conosciamo e di cui in alcuni casi non ne possiamo più.
L’orco, ormai ammaestrato e per lo più ridotto a semplice
mascotte, ha perso il potenziale eversivo del lontano primo episodio, dove per
difendere la sua palude aveva messo i cartelli che indicavano la presenza di un
orco pauroso, e nella quale usava i libri delle favole per funzioni ecologiche.
Adesso si limita a grugnire come la quasi totalità degli uomini normali, e come
loro si atterrisce di fronte alla paternità. Si fa consolare dal ciuchino,
logorroico come non mai e dal gatto con gli stivali, doppiato in italiano da
Banderas, che ammicca alle micine sul porto e fugge di corsa di fronte al loro
enorme numero. Azzurro è sempre meno principe e ancora più stupido, mentre
piange sulla sorte che gli è toccata e promette alla mammina che anche lui avrà
il suo “e vissero felici e contenti”. Gli eredi dell’orco sono l’incubo di
qualunque baby sitter, che in questo caso è uno dei nani, gentilmente offerto
in regalo da Bianca(neve).
Se anche il tentativo di umanizzare l’orco ha avuto il
risultato di renderlo meno efficace, è innegabile che il tutto regge benissimo
soprattutto grazie al sovvertimento delle norme che da sempre regolano il mondo
delle favole. La grafica impeccabile riesce a trasportarci nel mondo in cui i
draghi svolazzano, e ciuchi e gatti straparlano, con una leggerezza ed una
magia resa attuale dall’umanità di Arthur e dalla svagatezza di Merlino, rimbambito
da secoli di esercizio dell’arte.
Il lavoro che trapela dietro la semplice rappresentazione
regala momenti indimenticabili, in cui ci pare possibile che un biscottino ci
possa parlare, e che Capitan Uncino coltivi giunchiglie.
Come anche nei precedenti episodi i momenti corali sono i
migliori, dato l’immenso lavoro che emerge nella sincronia tra i personaggi e
l’ambiente. Si tratta sicuramente di un lavoro molto ben fatto e riuscito nella
misura in cui l’umanizzazione dell’orco procede di pari passo con
l’accettazione dei limiti che ciascuno di noi ha in primo luogo dentro di se.
Personalmente ho un pò di nostalgia per il primo Shrek, dove il caratteraccio
dell’orco non era ancora stato stemperato a favore di una maggiore empatia con
un pubblico, che a mio avviso lo aveva amato proprio per quello.
Anna Maria Pelella