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Re della terra selvaggia - Beasts of the Southern Wild
Anno: 2012
Regista: Benh Zeitlin;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 28-02-2013


“L'odore mi fa sentire coeso.” Che cavolovuol dire “L'odore mi fa sentire coeso”? La frase è pronunciata da un marinaio puttaniere alla bambina Hushpuppy, riferendosi a non so quale pesce. È uno dei tanti angosciosi misteri di Re della terra selvaggia, di Benh Zeitlin. Forse in lingua originale avràun significato alto e profondo, ma in italiano è unascemenza. Non volevo spendere dei soldi per vederlo. Avevo letto il giudizio idilliaco del presidente Barak Obama, e mi sembrava un valido motivo per stare in casa.Mi sono detto: se piace al Presidente,è sicuramente la solita purga politicamente corretta, peggio dell’olio di ricino. Eppure, la realtà è stata peggiore. Il film è insignificante, tante volte ridicolo e goffo, una ricerca delle peggiori nausee di luoghi comuni e di banalità. Una direzionevanitosa e presuntuosa,con un regista che si crede di essereEjzenstejn;e per finire, un montaggio compiuto da un analista della Moody’s. In delle baracche sporche, desolate e antigeniche vive un padre con la figlia Hushpuppy. È un vagabondo ubriacone violento. Una persona normale chiamerebbe telefono azzurro, mentre qui sono tutti a invidiare la figlia. Hushpuppyci mette del suo – sarà l’ambiente puzzolente, sarà l’educazione negata – ma è di un’antipatia unica. Infatti, la madre, la sola sana di mente nel film, ha abbandonato l’alcolizzato marito e l’indisponente figlia. Vicino alla loro casa c’è un lago diviso da una diga, chiamata ‘la grande vasca’. “Il nostro è il posto più bello della terra.” Altri inutili allucinati figli dei fiori condividono illerciume. Arriva l’uragano. Tutte le persone lucide si mettono in salvo, perché, perfino lo scemo del villaggiocapirebbe che l’uragano avrebbe alzato l’acqua della vasca. Ovviamente loro decidono di rimanere. A loro bastamostrare quel sorriso deficiente, provocato dalla falsa esaltazione di essere gli unici anticonformistial limite della santità. E così via, senza un nesso, senza una costruzione originale, senza idee, con tante banalità, tantamediocrità, tanti conformisti. Prima scena, l’antipatica bambina gioca con la terra, inquadrata ci mette sopra un uccellino. Chiarissimo: la terra, la natura, gli animali sono esseri essenziali; mentre l’uomo è solo, il cattivo distruttore del mondo. Il regista pensa di essere innovativo, giramolto spesso con camera a mano; più della spontaneità,s’incontra il tremore dell’alzheimer. Si prosegueimperturbabili. Dove c’è l’uomo, tutto è brutto sporco inquinato, mentre gli spiragli della natura sono rilevati da una luce fosforescente, la natura illumina l’immorale mondo. Il regista indugia con la camera sulla bambina, sul viso, sugli stivali di gomma. Il tutto è imbottito da una pesante volgare inutile voce fuori campo. Di chi? Sempre della seccante ragazzina. Questo esasperante fuori campo annoia, stanca e imputridisce una storia già abbastanza fusa. Potrei continuare a descrivere la noia, ma non è il caso. Però, posso non parlarvi del suo montaggio connotativo? Vorrei, ma è troppo divertente. Nel montaggio connotativo si prende una scena extradiegetica, gli si attribuisce un significato e si piazza fra qualche immagine per dargli un valore simbolico. Maestro del genere è il famoso regista russo Ejzenstejn, ad esempio con la celebre scena del pavone e del militare Kerenskij nel film Ottobre. Questo signor Benh Zeitlin, al primo lungometraggio si comporta come il ragazzino che scrive poesie e scopiazzando infelicemente da Leopardi e Montale. Il regista concepisce qualcosa di sconcertante. Delle brevi sequenze di ghiacciai, mentre si stanno sciogliendo, sono inseriti così senza nessuna ragione fra un padre malato, o la terra sofferente per un crimine dell’uomo cattivo o altre stuppidagini simili. Messaggio: stiamo annientando la terra, siamo qui a pensare il vincitore delle elezioni mentre il mondo fra poco sarà sommerso dall’acqua per colpa dell’effetto serra, e via di seguito con altri luoghi comuni. Che fantasia, che originalità, che tocco di lirismo, che poeta Benh Zeitlin. Poi aggiunge una lirica prestorica. Messaggio: come è violenta la natura, ovvero come era bella l’era del fuoco e della ruota. Allora che s’inventa il paleolitico regista? Attenti alla sottigliezza. Un personaggio, non mi ricordo più chi, mostra un tatuaggio rappresentante una pittura prestorica, a me sembrava quella di Lascaux in Francia, ma non sono certo. Nella scena appare questi mega bovini estinti, gli Aurochs. A un certo punto gli Aurochs si materializzano nel film. Arriva l’uragano e fisicamente vediamo gli Aurochs correre frenetici agitati spaventati. Poi ogni tanto riappaiono, fino alla loro ultima comparsa quando corrono dietro a dei bambini. Uno si ferma, è immenso, è stratosferico, è minaccioso. Annusa la sporca Hushpuppy e lei gli dice: “allora siamo un po’ amici”. Raccapricciante. Ringraziatemi perché evito di parlarvi della preghiera finale …