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Dr. T e le donne - Dr T and the women
Anno: 2000
Regista: Robert Altman;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 14-10-2000


Il dottor T e le donne

 



 

 

 

«Odissea semiseria, grottesca e ridicola, drammatica e sorprendente assimilazione e coincidenza del genere femminile al caos.» (Andrea Caramanna)
Un caos che però è negato dalla struttura della prima sequenza sui titoli: dove l'apparente dodecafonia del sonoro trova la sua armonia e una spiegazione, uno schema matematico nascosto addirittura nei movimenti di macchina. Se prestate attenzione percorrono sempre uno stesso itinerario a seguire la nuova arrivata avvicinandosi al bancone, spostandosi nell'angolino a destra e poi seguendo una infermiera vanno a scoprire le novità avvenute dall'altro lato; sempre disegnando un medesimo percorso mai lineare e diretto bensì obliquo e circolare, quasi un ritornello che dà il senso all'ordito avvicinandosi e allontanandosi volta per volta dal fulcro, finché tutto si compone espungendo dall'occhio del ciclone l'elemento catalizzante l'attenzione (e questa è la vera ciclicità: un universo concentrazionario dal quale si chiama fuori prima la moglie e alla fine viene espulso Sully stesso, il cui ruolo è simboleggiato dalla provetta che alla fine del prologo attira l'attenzione della mdp chiudendo i titoli con la musica; l'inquadratura solo a quel punto lascia il suo balletto attorno alla reception dello studio ginecologico per gettarsi a capofitto come nel turbine del ciclone, preannunciato dalla prolessi iniziale, richiamata dal nubifragio sulla cerimonia). Allo stesso tempo i sentieri della mdp sono interrotti dalle traiettorie delle donne che incrociano l'inquadratura, creando punti di fuga innumerevoli verso tutte le direzioni, come a voler metaforizzare l'effetto dirompente (e centrifugo) di un'esplosione; e tuttavia contenente la fonte di un movimento vorticoso che sembra produrre quel ciclone in cui si getta il ginecologo per sfuggire - o per capire finalmente - l'universo femminile.


Da questi elementi sparsi all'inizio nel solito piano sequenza del regista mi sentirei di dire che in realtà l'unico elemento caotico è quello maschile (la figlia ribadisce: «Non ti preoccupare per me, va tutto bene»), lui è il motivo scatenante di un tentativo di mantenere una riduzione ad una logica esterna ai fatti (perché legata a concetti tradizionalmente maschili e perciò vecchi e inadatti al nuovo corso femminile e in costante movimento: questa commedia ha invece l'intento di decretare il superamento del racconto del mondo come fatto dalla tradizione maschile), mentre l'apparente confusione femminile si muove secondo un'organizzazione precisa che non possiamo non apprezzare assistendo alle evoluzioni della mdp nel negozio per le liste nozze ad esempio, dove anche la commessa si chiama Tiffany a dimostrare un'attenzione per il particolare e un ordine ben preciso, che nell'affabulazione altmaniana diventa elemento per rinfocolare il sarcasmo verso la vuotezza nascosta sotto quella superficie, ma come avveniva già in Pret-a-Porter, evidenzia l'ammirazione per come si ammanta questo vuoto con raffinatezza.


La ciclicità è anche allusione ai corsi e ricorsi della vita, di cui il liquido amniotico è simbolo, come il velo d'acqua che nasconde la nudità della venere botticelliana che rinasce vergine-bambina nella sindrome attribuita a Vestia, dea del fuoco e del focolare, ma anche etimo di vestale, quale sono tutte le donne dello scatenato baccanale a cui assistiamo, di cui il ginecologo è il maschio sacrificale, virtuoso «suonatore» della vita da cannibalizzare ritualmente da parte di una Lady Godiva già compresa nell'insegna della casa di moda inquadrata.












Non è solo guscio vuoto, come dice Caramanna, ma riferimento mitologico e sistema che organizza l'apparente disordine dell'universo femminile, rendendolo trasparente anche ai maschi, traducendolo per noi, ma attraverso un ennesimo gioco di simulazione e camuffamento, che sposta la realtà come fa il regista con gli oggetti della sua osservazione entomologica quando usando tutti i vezzi della sofisticated comedy devia la cornice adottata nelle singole sequenze e poi anche nell'intero impianto del film con la sorprendente conclusione.

«Scivoloso ed infido il terreno su cui insistono i film di Robert Altman. Ci appare di volta in volta come un luogo conosciuto, familiare: invece è un altrove all'interno del quale le cose note cambiano di posto, senza avvisare.» (Luca Bandirali)
Quelle cose note sono tutte riconducibili al sistema di valori maschili, che, a contatto con la dirompenza disorientante dei tracciati femminili, perdono senso, sfumando nel grigiore di fronte alle vitali manifestazioni delle donne.
«La figura maschile ha un ruolo d'ordine, d'intelligibilità, di riduzione del caos del suo protagonista gli capita di dire che conosce le donne, ma da una prospettiva per così dire angolata» (Pablo Escobar, il Sole 24 Ore) «Ma perché dovrei volere questo?», chiede sinceramene sorpresa Bree; il suo non è da considerarsi disordine, ma si tratta di un altro ordine, diverso, di cui il linguaggio usato dal regista è collaterale accompagnamento che cerca di far emergere le strutture. Non di irrazionalità si tratta, bensì di una nuova razionalità che si contrappone alla apparente razionalità di quattro deficienti bardati in armi e mimetiche per imporre la loro forza alla natura che fa sberleffi, esaltando la loro goffaggine al contrario dei movimenti sinuosi e naturali delle donne a loro agio nel mondo, al quale invece i cacciatori rispondono con serie di errori e sparatorie a casaccio. E proprio quella frase sulla donna che solo gli occhi dell'uomo deturpano è rivelatrice di due atteggiamenti entrambi errati: la troppa attenzione prestata alla propria idea di donna, che fatalmente non collima con quella in carne e ossa, e la resa di fronte ad un universo difficile da comprendere applicando regole che dovrebbero regolamentare un mondo che funziona per cicli - in ogni senso, da quello mestruale a quello della vita - e dunque non può essere ridotto a rapporti logici di causa effetto lineari e un po' monotoni degli uomini spaesati dal tourbillon, bensì procede per avvolgenti movimenti, come quelli circolari attorno alla preda che Bree fa nella sua casa conducendo la sequenza della seduzione al contrario ben descritta da Caramanna: anche in quel caso la mdp segue i suoi movimenti calcolati, ma non lineari, come nella sarabanda finale verrà sintetizzato dalla piroetta di Laura Dern nel bailamme scatenato dall'epilogo del matrimonio.


Il linguaggio di Altman è preciso, graffiante, non solo contro l'high society (sarebbe davvero maniera per lui), ma nella descrizione della differenza tra gli impianti di pensiero maschile/femminile. Lo so, è criptico, ma non trovo altro modo per spiegare i due registri usati per infiggere nella loro cupio dissolvi i cacciatori appannati dalla fotografia, che li appiattisce contro lo sfondo, sfumandoli, mentre le donne invece si stagliano a tutto tondo in un universo la cui logica si contrappone disinvoltamente (e inconsapevole) al mondo di regole maschili obsolete.

«Trasgredisce per distrarre lo sguardo dello spettatore e inserirvi a sorpresa un qualcosa che cambia la prospettiva, una sorta di immagine anamorfica che taglia obliquamente la superficie introducendo un diverso punto di vista.» (Andrea Caramanna) Questa trasgressione si ravvisa anche nella chiosa delle sequenze tutte racchiuse tra cornici ben delineate dalle musiche che vanno in diminuendo all'ingresso in ogni nuova situazione spesso delimitata dall'ingresso in un nuovo spazio o più spesso sottolineato da un gesto che disattende tutto il resto fino ad allora descritto in quella cornice (ad esempio il gesto di Liv Tyler per concludere la cerimonia di prova dei vestiti: un deciso svuotamento di un flut colmo di vino tracannato in un gesto plastico, pieno di lussuria, degno davvero di Godiva che contrappunta l'intera sequenza).

Stupisce che la musica non sia stata oggetto di analisi particolareggiata da parte dei molti recensori che si sono avvicendati da Venezia: Altman compone una storia del jazz a partire dal foxtrot iniziale, adattissimo a ballare le traiettorie del prologo, per tornare a finire con un gospel blues, come se sotto l’egida del jazz si fosse percorsa l’evoluzione femminile, tanto che tra le ultime musiche si ravvisa uno scarto che porta naturalmente ad un regressus ad originem, metaforizzato dalla malattia di DeeDee, la moglie. In mezzo il meglio dell’atmosfera jazz, ovvero dell’improvvisazione sorprendente («Mai dare per scontata una donna perfetta»): il swing nel negozio al primo incontro tra Bree e Sully, sostituito senza soluzione di continuità dal boogie. Ogni spazio irradia una musica diversa, un'epoca diversa, che s’interrompe platealmente quando un ambiente viene abbandonato, anche lo squallido country che dona l'atmosfera suadente alla seduzione condotta da lei, ormai donna liberata che può prendere l'iniziativa.



I presidenti assassinati sono un ennesimo esempio di incomprensibile ordine maschile, il cui racconto è affidato alle donne per un resoconto anche brutale («La X segnala il posto dove è esplosa la testa di JFK») e riduttivo: una cospirazione ai danni della mtologia maschile che ri rivela anche nel dettaglio del libro depositato ,in bella evidenza sul tavolo dell'ufficio turistico (Conspiracy of Noise) perché all'opposto non ritengono importante la logica sottesa all'omicidio di JFK (citato anche su una targa di automobile a sottolineare l'importanza degli inserti che alludono a Kennedy e Lincoln) eseguito con un vecchio fucile in disuso da più di vent'anni (da mettere facilmente in relazione con i fucili degli imbranati cacciatori, che non possono che fare danni). O meglio l’uomo Altman individua in quell’episodio traumatico per una Nazione che si beava del benessere voluto dal pragmatismo degli uomini il momento in cui cambia l’importanza delle donne, sottolineata dal ritmen blues come a voler sperimentare una nuova alba della musica, che trova la sua apoteosi non a caso nel be bop del dopo matrimonio: tutte le espressioni del jazz fino a quel momento erano rappresentate cronologicamente e dunque scegliere di rilanciare con il blues, ovvero con l’inizio della storia della musica afroamericana significa fissare un nuovo inizio con le donne come fulcro. Elemento volatile e effimero, il jazz porta con sé una forte carica significante al film, adattandosi alla situazione aderendo ad ogni anfratto per poi spegnersi sempre a fine sequenza come con una sordina improvvisa che dissolve l’incanto della sequenza e di Dallas, città-dinasty emblematica di certi ceti medio alti.

La forza centrifuga che proietta le donne danzanti lontano dal bel catalizzatore è opposta all’attrazione centripeta che porta Sully a gettarsi nel ciclone completando un percorso che lo attrae verso il buco al centro di quelle gambe che lo incorniciano fin da subito e che alla fine lo fanno rinascere per interposto maschietto in una società diversa dove l'espressione muliebre è profondamente diversa. Ma sempre prioritaria.