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In concorso nella sezione lungometraggi, Marana Simhasanam (Il trono della morte) è semplicemente grottesco. Ovviamente si tratta di quel grottesco che non può non tenere svegli alle nove di una domenica mattina. Si immagini lo splendore di una sala cinematografica pressoché vuota, dove il fido reporter di Cinemah ha la scelta tra due opzioni: a) sonnecchiare fino alla proiezione successiva; b) sopravvivere stoicamente al film indiano (vai a vedere un film indiano? è la domanda tipica)… Ebbene, l’opera prima di questo regista ai più sconosciuto riesce a svegliare e a far sghignazzare amaramente nonché a far riflettere sulla situazione reale che può portare alla realizzazione di un tale film. In breve: è la storia di Krishna, povero tra i poveri, alle prese con un padrone grasso e menefreghista che (manco a dirlo) lo mette in una sorta di cassa integrazione. Ma Krishna e la sua famiglia non hanno cibo, perciò lui finisce a rubar frutti dall’albero del padrone. Condotto in galera, per buona misura, viene accusato di un omicidio e condannato all’impiccagione. Il partito comunista indiano cui la moglie di Krishna si rivolge, più immobile di una balena arenata sul bagnasciuga, riesce trionfalmente a garantire a Krishna una morte serena e subitanea sul nuovissimo e tecnologico "trono della morte", una sedia elettrica degna del pianeta proibito. La morte di Krishna viene celebrata da tutto il villaggio, che adesso ha a disposizione uno strumento rapido e sicuro per scegliere eventualmente la propria "buona morte"... ///CORTOCIRCUITO/// Snake Plissken cammina in manette seguendo la linea arancione che lo porta al carcere di massima sicurezza dell’isola di Manhattan mentre un’efficiente voce registrata comunica ai prigionieri che in caso volessero scegliere il suicidio in luogo della deportazione, una guardia sarà messa a loro disposizione ///endCORTOCIRCUITO/// Snuff movie + Don Camillo movie + Cinema sociale ad alto contenuto di sarcasmo, Marana Simhasanam presenta anche uno studio dei volti scavati che punteggia il testo con pause di desolazione infinita: lacrime, rughe, sguardi, fango.