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La Fortuna di Cookie
Anno: 1998
Regista: Robert Altman;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 15-04-1999


Cookie's Fortune
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Regia: Robert Altman
Sceneggiatura: Anne Rapp
Fotografia: Toyomichi Kurita
Musica: David E.Stewart
Scenografia: Stephen Altman
Produzione: October Films
Distribuzione: Lucky Red
Formato: 35 mm.
Provenienza: USA
Anno: 1998
Durata: 105'
Patricia Neal ... JEWEL MAE "COOKIE" ORCUTT
Charles S. Dutton ... WILLIS RICHLAND
Glenn Close...CAMILLE DIXON
Julianne Moore...CORA DUVALL
Liv Tyler...EMMA DUVALL
Chris O'Donnell... JASON (giovane poliziotto)
Donald Moffat... JACK PALMER (avvocato)
Randle Mell... PATRICK FREEMAN (commerciante di liquori)
Ned Beatty...LESTER BOYLE (Poliziotto pescatore)
Courtney B.Vance...OTIS TUCKER (investigatore)
Matt Malloy... esperto della scientifica
Mark Kiely...Dwight
------------ Cora Duvall... Salomé
Jack Palmer ... Erode
Patrick Freeman ... Giovanni Battista


Apparentemente Altman sospende la sua polemica descrizione della società americana, ma probabilmente usa soltanto un registro diverso, altrettanto caustico, nonostante lo sguardo bonario (e un po' nostalgico) sulle macchiette che popolano Holly Spring, la tipica placida cittadina nel sud degli USA dell'iconografia che descrive il Mississippi.

Che ci troviamo di fronte ad un mondo incantato, da cartolina stereotipata, è svelato immediatamente al termine della prima sequenza che funge da presentazione di tutto il paese, seguendo il lento deambulare di Willis, un imponente afro-americano anziano, il cui passo sembra strascicato sullo splendido blues cantato da Josie, la cantante del Theo's Bar, un locale sonnacchioso nel quale si annidano due campioni del blues come Rufus Thomas e Ruby Wilson e si annusa l'atmosfera di Wild Turckey Bourbon. Proprio una bottiglietta da asporto di whisky ci fa seguire la figura tozza e simpatica del nero che tocca i punti nevralgici della città: il teatro annesso alla chiesa dove si svolgono le prove di Salomé, una interpretazione kitsch dell'opera di Oscar Wilde a cura di Camille Dixon (una strepitosa Glenn Close); la stazione di polizia, dove amichevoli e pacifici sceriffi discutono di pesca, praticata nei pantani che non hanno nulla di mefitico o malato, tanto che tutto ruota attorno al pesce-gatto, l'argomento preminente; fino ad arrivare alla casa di Cookie, dalla struttura di fattura precedente la guerra civile a conferire ancora maggiore rilassata bonarietà alla costruzione, come se si volesse dare corso alla credenza relativa ad un age d'or perduto in un qualche tempo passato. Però, senza mai diventare farsa, tutti i comportamenti sono caricati secondo il copione dello stato del sud e quindi alla fine l'affresco risulta corroso dall'interno immergendolo nello stesso kitsch della messa in scena teatrale.

La sapienza di Altman colloca già nelle prime battute che ascoltiamo della piéce una vena di intransigenza razziale, si tratta degli stessi brani recitati da Camille al termine: somiglia molto ad un segnale disseminato dal regista per indicare un approccio diverso; in fondo nulla di ciò che appare è realmente come conclusioni affrettate potrebbero suggerire, così come nell'altro grande affresco del profondo sud offertoci da Eastwood traspariva un'enorme cappa di occultamento perbenista: qui il gioco è più nascosto, tanto che si esce dalla sala convinti di aver visto una commedia strampalata, mantenuta sui toni più soavi, poi, ricostruendo l'intreccio, ci accorgiamo delle atrocità su cui si fonda: tutto viene occultato per la vergogna di un suicidio in famiglia, la figlia non è veramente figlia, Willis non è soltanto amico di Cookie, il cui amato marito Buck era un allibratore e baro, Emma ha subìto una violenza innominabile e dunque ci rendiamo conto che risulta logico che il nero sia il primo sospettato, Camilla non esiti a lasciar incolpare un innocente e faccia di tutto per accalappiarsi l'eredità. Cora, la sorella succube, è alle soglie della demenza, ma mantiene il guizzo di lucidità per vendicarsi di Camilla: insomma lascia maggiori speranze il ritratto di L.A. minimalizzato in Short Cuts o questa acidissima commedia camuffata?

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Recitato benissimo, mantenendosi tutti a cavallo tra un plausibile realismo e un trasognato abbandono a blande ossessioni (ognuno la propria), il film contiene sequenze da antologia. Il modo lieve, offerto attraverso dettagli letterari, con cui ci viene anticipata la fine di Cookie è introdotto da un eloquente carrello indietro che incornicia il suo estremo saluto nella finestra e fa seguito ai piccoli segnali del cruciverba da cui spunta il carro d'oro con le ali d'oro di Elios, vagheggiato dalla vecchia eccentrica, la porta dell'armadio che si apre invitante, lasciando uscire la nostalgia per il marito morto; nella sequenza successiva ammiriamo la naturalezza agita da Close nel passare dall'incoscienza al sospetto dell'evento, narrato dall'ultrasettantenne Altman con una predisposizione gaia ad accogliere la morte in uno svolazzo di piume, scardinandolo subito dopo con una battuta della commedia di Salomé, che sottolinea: "Io ci sono ancora e tu non ci sei più". Un evento che con il solito humour è preparato da un cartello in un off license ("In questo posto nel 1897 non è successo nulla"): l'unico fatto di rilievo in un paese sospeso in un nulla fatto di pesca. E allora diventa palese l'irrisione e la demolizione graduale dei miti dell'America da parte del regista di M*A*S*H e di Buffalo Bill and the Indians: infatti, data la profusione di pesce che spinge il lezzo fin fuori dallo schermo, come non ripensare al romanzo del 1967 Trout Fishing in America, popolato da Richard Brautigan, vate del movimento Sixties, di personaggi stralunati come quelli del film e di topos attribuiti dagli USA a se stessi, ma scherniti in modo definitivo ("Per esprimere un bisogno umano, ho sempre desiderato scrivere un libro che finisse con la parola maionese", p.146, Serra e Riva Editori)? Anche il succo del romanzo garbatamente irriverente di Brautigan era la dimostrazione che il mondo non è più quello semplice della pesca.

Per chi non avesse compreso il tono nel finale si scatena un fuoco d'artificio tra le rivelazioni dell'avvocato, un deus ex machina che si rivela informatissimo collettore di storie strambe, ma atroci, come la morte del padre di Emma, ucciso sul lavoro da una macchina per fare i bottoni, che prima di essere fermata lo aveva forato 273 volte, estremo sberleffo che però miracolosamente riesce a mantenere il tono di gustosa commedia, permettendosi ancora il pezzo di bravura di Glenn Close, persa nella sua commedia, rivissuta in cella, dove più prosaicamente Willis banchettava, giocava a scarabeo e evocava la pesca con lo sceriffo, convinto della sua innocenza, "perché vado a pesca con lui".




Filmografia di
Robert Altman
:


Cookie's Fortune (1998)
Gingerbread Man (1998)
Kansas City (1996)
Pret-A-Porter (1994)
Short Cuts (1993)
The Player (1992)
Vincent and Theo (1990)
Aria (1988)
Beyond Therapy (1987)
Fool for Love (1985)
Secret Honor (1984)
Streamers (1983)
Jimmy Dean Jimmy Dean (1982)
Popeye (1980)
A Perfect Couple (1979)
Health (1979)
Quintet (1979)
The Wedding (1978)
Three Women (1977)
Buffalo Bill and the Indians (1976)
Nashville (1975)
California Split (1974)
Thieves Like Us (1974)
The Long Goodbye (1973)
Images (1972)
McCabe and Mrs. Miller (1971)
Brewster McCloud (1970)
M*A*S*H (1970)
That Cold Day in the Park (1969)
Countdown (1968)
Nightmare in Chicago (1964)
The Delinquents (1957)
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