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Lost Highway
Anno: 1997
Regista: David Lynch;
Autore Recensione: Marcello Testi
Provenienza: Francia; Usa;
Data inserimento nel database: 26-01-1998


PLOT: Fred (Bill Pullman) si sveglia visibilmente scosso e riceve da una misteriosa voce al citofono la notizia che Dick Laurent è morto. La sua abulica vita di coppia prosegue tra sogni strani, sospetti di tradimento e misteriosi ritrovamenti di videocassette, che mostrano prima l'esterno della sua casa, poi l'interno e infine la ripresa del massacro della moglie (Patricia Arquette). Da questo momento, la vita di Fred cavalca sulla Lost Highway, un luogo della mente (anche se probabilmente non soltanto della sua mente), un territorio di confine tre vite possibili e tempi impossibili, in cui facciamo finalmente la conoscenza di Dick Laurent, un ricco trafficante appassionato della visione e probabilmente della produzione di snuff-movies.


Lost Highway

Immaginario catalogato per il fine millennio. "Questo abbiamo, ragazzi: prendete e fatene ciò che volete", sembra sottintendere la ricchezza "eccessiva" di questo capolavoro, che si permette (in assoluta controtendenza, rispetto al mainstream mondiale) di azzerare i dialoghi a vantaggio dell'immagine. Ma non è solo un catalogo, quello offerto dal meritorio archivista Lynch, bensì anche un prontuario per l'uso, o quantomeno un exemplum: violentare, strappare, gonfiare, accelerare gli elementi del l'immaginario,a disposizione. Per mostrare ai "moralisti" di ogni latitudine la labilità dei confini tra sogno-desiderio e realtà (lezione surrealista ben applicata, David), ma anche tra pornografia e film d'autore, fra snuff-movies e fiction, tra video e 70mm. Eresie? Se riuscite a pontificare e a costruire una teologia cinematografica, allora sì. Altrimenti, siamo "solo" in presenza di una voce straordinariamente fuori dal coro, che ci sta dando la dominante per gli anni a venire (Chi ha orecchie per intendere...)

Quel che meno ci ha convinto è stata la prevedibilità del finale con chiusura della spirale impossibile, come le scalinate di Escher. Questo "baco" (tra l'altro, nei titoli di coda si accredita un leggendario bug wrangler! - in effetti la sceneggiatura, scritta con Barry Gifford e con i dialoghi più essenziali del decennio è tra le più asfittiche, chiuse, "perfette" di Lynch, che tra l'altro richiama esplicitamente almeno un superclassico, "The big sleep", a proposito di perfezione...) non inficia però il valore assoluto del film, la sua enorme capacità di parlare per immagini, sacrificando forse proprio lo "stile" di Lynch (pur immaginifico), dosando l'eccesso, regalando momenti di emozionante dispersione visiva in una penombra sapientemente studiata per avvolgere i desideri e le paure dello spettatore.

Come al solito spettacolare la banda sonora, che si avvale delle musiche di Badalamenti, di Barry Adamson e di collaborazioni importanti come Bowie e Reed, oltre a Trent Raznor dei Nine Inch Nails. Ovviamente le sale italiane faranno di tutto per appiattire la dialettica fra musica e commento sonoro, storpieranno o azzereranno i bassi, convinte che tanto basti un paio di tette e un po' di "controversia" per attirare i poveri spettatori, che, come ai tempi di "Fire walk with me", crederanno di aver visto un altro film.