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Teatro di Guerra Anno: 1998 Regista: Mario Martone; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: Italia; Data inserimento nel database: 18-05-1998
Eschilo, Sofocle, Checov, la guerra e Napoli.
Teatro di vita, teatro di frontiera.
Dopo "Morte di un matematico napoletano", "L'amore molesto" e il forse
troppo discusso episodio su Bassolino ne "I vesuviani", Mario Martone
torna alla mdp mischiando storia e fiction, realta' e teatro e cinema.
La mdp filma l'attrice che sul palcoscenico e' Antigone, prima Iaia
Forte poi la grandissima Anna Bonaiuto. Antigone, infelice figlia di
Edipo e sventurata spettatrice di una guerra fratricida che porta l'un
contro l'altro armato i di lei fratelli Eteocle e Polinice, e' al centro
della tragedia di Eschilo "I sette contro Tebe". Nel film di Martone la
compagnia teatrale che allestisce lo spettacolo e' quella dei Teatri
Uniti, e lo spazio in cui si svolgono le prove e' Napoli, la Napoli
proletaria e disastrata dalla Camorra dei quartieri spagnoli. La
compagnia teatrale si propone di portare lo spettacolo a Sarajevo, dove
si sta svolgendo un'altra inutile guerra fratricida. E mentre gli attori
provano, e riflettono su quanto stanno recitando e allestendo, la vita
si sviluppa dentro e fuori le assi del palcoscenico: e' teatro, vero, la
discussione a colazione su cio' che e' e rappresenta per l'Italia
Sarajevo, e' vita, vera, la paura di una guerra cosi' vicina ma della
quale nulla si sapeva allora e probabilmente nulla si sa ancora adesso,
e la beata incoscienza che permette a questi giovani di vivere in una
citta', in un quartiere dove la guerra e' all'ordine del giorno, dove si
muore per futili discussioni di supremazia rionale. Fino alla scena
incredibile in cui gli attori, che stan provando una scena all'esterno
del teatro con armi di legno, vengono arrestati e portati in questura:
una scena accaduta realmente, e di nuovo realta' e fiction si mescolano
senza reale soluzione di continuita'.
E di nuovo la vita di tutti giorni, fuori dalle tavole del palcoscenico,
con amori che si intrecciano, discussioni a non finire, canne che si
fumano e rave-party e ragazzine tredicenni che sembrano gia' donne e
ventenni con tanti figli che sembrano piu' vecchie di me.
La compagnia non andra' a Sarajevo (come le tre sorelle di Cechov non
andranno mai a Mosca), ma non e' tanto questo che conta. Quello che
conta, lo dice Antigone alla sorella Ismene, nei versi di un altro
grandissimo della tragedia greca, Sofocle: "Puoi tirar fuori tutti i
tuoi pretesti. Io vado a seppellire mio fratello".
Ha detto Mario Martone, del film, in un'intervista:
"Il teatro e' presente innanzitutto come privato, il mio e quello dei
miei attori (la prima risposta da cercare quando si parla di una guerra
e' forse dentro noi stessi); ma e' anche presente come tema piu' generale.
Vuole un vecchio luogo comune che il teatro sia lo specchio di una
societa', e non c' dubbio che da noi si avverta sempre meno la
'necessita' del teatro. Forse questo disamore ha qualcosa a che fare col
nostro ottundimento di fronte a una tragedia come quella della
ex-Jugoslavia.
Ho messo tre principi alla base del film: 1) Non mostrare immagini di
Sarajevo. 2) Non parlare dell'altro in guerra ma di noi stessi in pace.
3) Filmare il teatro per davvero, accettando che lo sviluppo del film
dipendesse dall'andamento reale delle prove. "
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