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Il grande Lebowski - The big Lebowski Anno: 1998 Regista: Joel Coen; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 06-05-1998
Big Lebowski
Jeff Lebowski (Jeff Bridges), detto "drugo" (voluta citazione?) e'
un simpatico squattrinato disoccupato col pallino del bowling. La sua
vita scorre tranquilla, finche' un giorno non si ritrova in casa due
malviventi che per costringerlo a pagare i debiti accumulati dalla
moglie lo picchiano e gli orinano sul tappeto.
Ma "drugo" non e' ne' ricco ne' tantomeno sposato. Scopre cosi'
l'esistenza di un miliardario disabile suo omonimo sposato con una
bellissima e giovanissima pornostar il cui principale divertimento
sembra essere dissipare il patrimonio del marito. Incoraggiato
dall'amico Walter (John Goodman), "drugo" entrera' in contatto con il
miliardario per cercare di recuperare, almeno, il tappeto.
Da questo momento, inizieranno per "drugo" e i suoi amici una serie
di disavventure in cui entreranno in contatto con improbabili
personaggi come la figlia di Lebowski e la sua compagnia, e come i
"nichilisti", terzetto di sfaccendati e improvvisati rapitori
incapaci anche di estorcere un riscatto.
Dopo "Fargo", l'atteso ultimo film dei fratelli Coen e' l'ennesima
conferma di uno stile personalissimo e riconoscibilissimo che e' gia'
stato alla base di grandi film come "Barton Fink" e "Mr. Hula-Hop":
un gran guazzabuglio di generi (si passa dal drammatico alla commedia
al poliziesco al thriller all'onirico - le scene in cui "drugo" sogna
di volare sono semplicemente grandiose), un'orgia di immagini
scombinate, un modo di far recitare gli attori sempre e comunque un
filino sopra le righe.
Gia', gli attori. Jeff Bridges, davvero bravo e convincente,
interpreta un personaggio che riscuote una simpatia immediata nella
sua semplicita' e nel suo (non saprei definirlo altrimenti) candore,
un personaggio che riesce quasi a far ridere prima ancora di aprire
bocca, un personaggio che ti conquista dalla prima inquadratura nel
supermercato.
Ma oltre Jeff Bridges c'e' un John Torturro quasi irriconoscibile,
nella parte piu' che secondaria di Jesus, un giocatore di bowling
avversario di "drugo" e Walter nel torneo: i dieci minuti in cui si
vede Torturro varrebbero da soli il prezzo del biglietto. Da
ricordare anche la presenza di Steve Bushemi, una quasi-costante nel
cinema dei Coen.
E la musica? un gran guazzabuglio di generi, anche qui, si passa
allegramente dal rock piu' scatenato agli Eagles (da non perdere,
davvero, "Hotel California" in versione messicana) al Requiem di
Mozart, senza colpo ferire e con una capacita' di tutto far
interagire che raramente si vede al cinema (gli altri due esempi che
mi vengono in mente sono Kubrick e Wenders).
E questo e' il cinema dei Coen, unico ed inconfondibile, come
sempre, come dai loro inizi. Ci giurerei, un altro film che non si
potra' fare a meno di amare, o di odiare. Difficile che lascino
indifferenti, i Coen, e gia' questo, IMO, e' sinonimo di grandezza e
genialita'.
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