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Crimini invisibili - The end of violence Anno: 1997 Regista: Wim Wenders; Autore Recensione: Adriano Boano Provenienza: Francia; Germania; USA; Data inserimento nel database: 18-03-1998
Virilio sull'ultimo Le Monde Diplomatique inquadra il crack delle
immagini, dove il multimedia fa esplodere il modello mediatico
tradizionale : ora la sovraesposizione una necessit e l'immagine sul
web vale pi di lunghi discorsi. Si interloquisce direttamente,
immediatamente, senza mediazioni interpretative, di commento o, peggio,
veline: "per informarsi non si attende che esca il quotidiano, ma si
accende la radio o la tv, si consulter sul planisfero il sito web della
regione in questione, come fanno i vigilantes quando chiamano l'immagine
della telecamera ... Questo che tuttora appannaggio del complesso
militare-poliziesco DIVIENE L'OCCHIO DI CHIUNQUE".In questo sta
l'obsolescenza di Wenders, mio mito di giovent e ora ridotto a
ectoplasma di se stesso: rimasto al Grande Fratello senza fare il
passo successivo, la diffusione capillare di quell'ampia comunicazione,
che ha inscenato in modo banale, quando non ridicolo, insistendo
retoricamente su telefonini e video, che sono privi di emozioni: non
sono pi gli specchietti retrovisori dei suoi mitici road movie. Non
tiene pi conto dell'immaginario collettivo, che Virilio immagina come
una bolla visuale senza descriverla, vaticinarla o stigmatizzarla. Non
ammette sia possibile l'appropriazione dell'enorme magazzino di immagini
che gi in Lisbon Story voleva occultare ed ora demonizza.
Anche Virilio contrario a questo immaginario collettivo, a causa della
appiattente globalizzazione assimilata a quella finanziaria e lancia
l'allarme sulla libera circolazione delle immagini, ma non con risapute
battute sull'insensibilit dei produttori o con abiure distaccate
("Quando posso evito la tecnologia" con ben altro spessore rispetto a
Carpenter) che hanno sortito l'effetto di uccidere addirittura il
Grande Uno Rosso ; monologhi teatrali da autocoscienza anni '70 ;
l'ipocrisia di non rappresentare il duplice omicidio rivelatore solo
come videogioco, cercando di comprimere l'equivalenza tra cinema privo
di auto-censure e violenza in una logica che sfugge (fin dall'antichit
la rappresentazione di azioni, gesti violenti ha anche funzioni
catartiche, oltre ad un'innegabile estetica del gesto, che la maggior
parte delle volte non pu che esprimersi in modo dirompente); persino la
ripresa della giovane attrice in un ambiente hopperiano, se prolungata,
una violenza: sembra pelosa sensibilit (falsa).
L'abisso di inaccettabile arroganza si raggiunge con le definizioni,
degne di giornali femminili che raggruppano citazioni su cosa violenza
(e veniamo edotti che si tratta di un cocktail di paura, mancanza
d'amore e rivalsa erotica) tratte dal bignami del giovane saputello,
oppure il lemma 'perversione' che scatena l'esilarante "le cose sono
capovolte e cominciano a piacerti cos", l'incomunicabilit alla
Antonioni fatta sovrana e almeno altrettanto incomprensibile (ma fa
parte dell'incomunicabilit stessa? Comunque non siamo pi negli anni
'50!) ; e su tutto questa insostenibile cappa data dall'ossessione di
voler tutto vedere, ma con toni moralisteggianti inaccettabili.
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