The
dreamers – I sognatori. Bernanrdo Bertolucci. 2003. USA-ITALIA.
Attori: Michael
Pitt, Eva Green, Louis Garrel
Durata: 130’
Parigi. Maggio 1968. Il giovane americano Matthew,
studente da un anno nella capitale francese, è un appassionato di cinema che
scende in piazza per difendere Henri Langlois, altissimo rappresentante della
cinematografia francese. Durante una manifestazione conosce i fratelli Isabelle
e Thèo. I genitori di questi partono per le vacanze lasciando l’enorme casa
libera e Matthew è invitato a trascorrere il resto del tempo nell’appartamento.
Da subito l’americano si deve confrontare con l’ambiguità della coppia: legati
da un rapporto ai limiti dell’incesto, i due lo trascinano in prove sempre più
forti fino al rapporto sessuale fra Matthew e Isabelle che, perdendo la
verginità con l’americano, s’innamora del ragazzo, senza che però diminuisca la
sua attrazione morbosa con Thèo. I giorni trascorrono tra bottiglie di vino
pregiato e bagni a tre nella vasca, tra scene del cinema classico mimate e
confronti politici, fino a che un giorno, mentre Isabelle prova a dare la morte
a tutti e tre con un tubo del gas lasciato aperto, la strada non irrompe con
tutta la sua storia. I ragazzi scendono in piazza ancora una volta e davanti
alla scelta di affrontare la polizia con le maniere forti, Matthew si tira
indietro mentre Thèo si scaglia contro di loro con una molotov, seguito dalla
sorella. L’ultima immagine del ’68 è una strada sulla quale si è combattuti e
dove sostano solo i fari delle camionette della repressione.
Più che ad una storia sul sessantotto, ed una critica a
quelle che furono le decisioni di come intraprendere la lotta che avrebbe
cambiato il mondo, il nuovo lavoro di Bernardo Bertolucci è un omaggio al
cinema nel quale il regista racconta se stesso, quasi in maniera biografica
(pur trattandosi di una storia non vera). Se Isabelle rappresenta la folle
passione per il cinema (o la passione che è il cinema) e Thèo l’impegno
politico che si scontra e non riesce più ad andare d’accordo con la poesia (la
discussione a cena tra padre e figlio, il primo poeta e sostenitore
finanziario\vitale del secondo) Matthew è un frammento di razionalità ingenua
che alla fine si sottrae ad un percorso nel quale, nel maggio del ’68, la
maggior parte della cinematografia francese si riconobbe. Legato al tema del
doppio (uso degli specchi costante; nella scena della vasca da bagno Isabelle è
al centro ed i due ragazzi ai lati, che riflettono la propria immagine nello
specchio dell’altro) e del contrario (come la pellicola che ha un negativo ed
uno sviluppo positivo) The dreamers è principalmente un appassionato
omaggio al cinema di base sul quale si è costruita la formazione del regista.
In chiave politica invece, i tre personaggi vivono al chiuso dei propri sogni,
in una sala cinematografica o nel loro ricco appartamento, lasciando che le
pareti o lo schermo li dividano dalla realtà sempre più caotica del movimento,
fino a che però non è il movimento ad irrompere nella loro quotidianità. Sarà
proprio Thèo, che cita passi sulla rivoluzione seduto sul suo letto, a
scagliare la prima molotov contro la polizia, provocando quella reazione che
scaccerà il movimento dalla strada, dopo che questa era stata finalmente
conquistata. Le parole di Edith Piaf giustificano, mentre scorrono i titoli di
coda, scelte e posizioni di un regista che con Novecento (1976) sembrava
aver partecipato all’esperienza politica in maniera differente e forse più
appassionata di quanto mostri in questa pellicola. Pungenti le parole di Thèo che
criticano il padre “Il fatto che dio non esiste non vuol dire che lui debba
prenderne il posto…”. Colonna sonora sublime (Hendrix, Joplin, Doors,
Francoise Hardy) fotografia perfetta di Fabio Cianchetti (Isabelle come la
venere di Milo), interessante Louis Garrel (Thèo) e molto bella Eva Green
(Isabelle). Un film che si lascia vedere, ma che forse soffre di un’eccessiva
autoreferenzialità e che comunque, facendo appello ad una serie di citazioni,
rimane troppo legato ad una passione non superficiale per un pubblico ben
preciso. Non per tutti, carico di stereotipi, ma migliore di altre pellicole
dello stesso regista.
Bucci Mario
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