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Via da Las Vegas - Leaving Las Vegas Anno: 1995 Regista: Mike Figgis; Autore Recensione: l.a. Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 18-03-1998
Leaving Las Vegas (Via da Las Vegas), di
Mike Figgis, dal romanzo di John O'Brien. Con Nicolas Cage, Elisabeth
Shue, Julian Sands. USA, 1995. Dur.: 101'.
Un gran baccano attorno a questo piccolo film: Golden
Globe, nominations agli Oscar, miglior film
dell'anno a giudizio delle associazioni dei critici americani...
Un gran baccano non del tutto giustificato. Ottime le interpretazioni
di Cage e della Shue (soprattutto della seconda) in un film in cui la
recitazione è sicuramente importante. Buono lo spunto
drammatico di base (l'alcolizzato terminale che decide di bere
fino a morire). Altrettanto buona la fotografia sporca, cupa,
come valide sono le immagini accelerate ed in genere le invenzioni
visive che spezzano la linearità ed esplodono improvvise come
allucinazioni. Pur trattando una materia in cui è facile
(s)cadere nella retorica, Figgis riesce a (fingere di) evitare di
prendere posizioni. E tuttavia è retorico. Perchè
scontati sono i personaggi (lo sceneggiatore senza ispirazione che
beve e perde la famiglia) e le relative backstories, straviste
le situazioni che si trovano ad affrontare (insieme e separatamente),
da melò dejà-vu l'orchestrazione drammatica e la
strutturazione dei momenti narrativi chiave
(incontro-separazione-riconciliazione)... Si obbietterà che
non si era mai visto un film del genere con un finale così
amaro. In realtà il film è incentrato sulla figura
della prostituta, non tanto su quella dell'alcolizzato (tanto
è vero che la voce narrante appartiene alla figura femminile).
Ora, è proprio in tale finale apparentemente così buio,
senza chances nè riscatto, che sembra adombrarsi il sospetto
di un'ipocrisia di fondo dell'operazione. Infatti, costruendo il
racconto come una serie di flashback della prostituta durante una
probabile seduta d'analisi, il regista nasconde il parziale
happy-end: da come ricorda l'esperienza, ed il fatto stesso che il
meccanismo del ricordo sia innescato all'interno di una terapia (o di
un momento catartico, distaccato), non possono che creare il sospetto
di una quantomeno parziale uscita della ragazza dal gorgo (il titolo,
Leaving L.V., toglie ogni dubbio). Insomma, Figgis ci ricama
su spacciandosi come super-partes, ma in realtà infila uno
dietro l'altro tutti i topoi del caso, li trita e ritrita a suon di
ballate e sequenze da MTV sulla città del peccato e la strip
delle luci sfavillanti, e corona il tutto con "la quiete dopo la
tempesta", lo spiraglio nelle tenebre della tragedia. Il fatto che la
sceneggiatura, tratta dal romanzo di O'Brien, sia stata scritta in
soli cinque giorni può funzionare sia da attenuante per Figgis
che da monito per sceneggiatori improvvisati.
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