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Tre Stagioni
Anno: 1999
Regista: Tony Bui;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Vietnam-USA;
Data inserimento nel database: 21-09-1999


Ba mùa


Regia, soggetto e sceneggiatura: Tony Bui
Fotografia: Lisa Rinzler
Montaggio: Keith Reamer
Musica: Richard Horowitz
Scenografia: Wing Lee
Costumi: Ghia Ci Fam
Interpreti: Don Duong, Nguyen Ngoc Hiep, Tran Manh Cuong, Zoe Bui, Nguyen Huu Duoc e Harvey Keitel
Produzione: October Films
Distribuzione: Mikado
Provenienza: USA - Vietnam
Anno: 1999
Durata: 1 hr. 40 min.






"Maestro Dao è orgoglioso dei suoi fiori, la sua gente è orgogliosa dei suoi fiori e così anche tu devi essere orgogliosa dei suoi fiori". Il tradizionale calligrafismo con cui l'occidente guarda al sud est asiatico è così soddisfatto da alcune certezze: il cuore è giallo, le foglie sono verdi e i fiori sono bianchi. Diatomee e canoe, cartoline di albe struggenti nei laghetti che nascondono un lavoro pesantissimo e la rivalità tra generazioni si affida ai canti, mentre la modernizzazione sostituisce i fiori freschi, apprezzati da pacate figure di anziani, con industriali fiori sintetici, unico apparente motivo di tristezza del regista; non è certo il crudele ritratto di Saigon dato dai colori di Cyclo: quel risciò era fatto di materia pulsante e violenza, questo ha una patina di innaturale velleità di inseguire una ritratto della natura come era nella tradizione vietnamita, tanto che anche il treno in transito a un metro dalla baracca della puttana redenta (anche questo ci tocca rivisitare dopo un secolo di Butterfly) appare come una coreografia. Sembra che il giovane regista profugo da bambino voglia con questo film tributare un omaggio alla cultura tradizionale vietnamita, ma lo sguardo è ormai edulcorato dalla distanza degli hamburger statunitensi: infatti parte di quel mondo è filtrato dall'occhio di Harvey Keitel, che gigioneggia da par suo arrivando a piangere direttamente in macchina per incarnare la cattiva coscienza degli americani con la ricerca della figlia nel bar (anche in questo caso il dramma si compone).

La struttura è impostata linearmente sull'inseguimento di coppie deuteragoniste, che solo in sporadiche e pretestuose occasioni s'incontrano, mentre sviluppano tra loro rapporti poeticissimi, che sono tra i pochi (e peraltro sufficienti) motivi di interesse del film, fondato sul silenzioso sviluppo dell'intimità tra due personaggi, volta per volta accediamo ai loro patemi in un'atmosfera ovattata che li isola da un contesto talvolta usato come contorno giudicante ad esempio il gruppo di conducenti di risciò sullo sfondo di un enorme pubblicità della coca cola: sottolineata per la forte connotazione cromatica del rosso acceso in aperto contrasto con il resto delle sfumature tenui e predisposte alla composizione degli attriti, solo che gli approcci sono fortemente voluti in tutti e tre i casi da uno degli elementi della coppia oppositiva secondo uno schema ripetitivo che vede quello apparentemente più debole dei due che impone all'altro la propria dolcezza e solidarietà. La bambina silenziosissima nel duo di tenerissimi bambini, ninos de rua sarebbero in Brasile, ma in questo caso la violenza della situazione è superficialmente colta solo per dare qualche spessore alle figure per colmo di sventura perennemente immerse fino al midollo in un bagno di pioggia incessante, raggiungendo una soluzione al climax nel ritrovamento della cassetta di mercanzia; la fioraia assidua del suo maestro lebbroso ammansito dalla sua voce in un rapporto improntato sulla poesia, che si sprigiona in una foné a partire da una versione vietnamita di Blow in the wind ("Quante foglie un baco dovrà mangiare per tessere un tessuto con i colori dell'arcobaleno? Quanti strati di nuvole ci sono in un monsone?…") per trovare la propria stasi catartica nella morte del vecchio e nel percorso in barca di lei, latrice della sua poesia "solo ad orecchie che sanno ascoltare"; il giovane ciclotaxista invaghito di una puttana ed in questo caso la composizione del dissidio di desideri si ottiene con la dolcezza e le attenzioni dell'approccio di lui ("Voglio solo guardarti dormire", la frase comune a Guardami di Ferrario ha un valore opposto: nel film italiano il bisogno è quello di capire qual è il fascino del proprio sguardo sulla donna senza pretendere di cambiarla, l'uomo del risciò invece ha bisogno di sostituire alla ragazza la propria immagine di donna) e l'accondiscendenza della giovane a recuperare i valori minimali nascosti nella natura e nella tradizione fino all'apoteosi del riconoscere l'improvvisa esplosione di petali (spettacolo a cui siamo condotti bendati con lei) sotto una galleria di alberi.

Sensibilità sensoriali: un canto non si ode, bensì "una canzone attraversa le orecchie", i profumi sono personaggi e i colori compongono tavolozze simboliche, mentre unguenti e boccette di essenze percorrono epidermidi sensibili in un rituale di purificazione che riempie di soddisfazione polpastrelli titillanti documentati da sinuose riprese a seguire gocce di profumo. Un godimento per gli occhi; e gli effluvi floreali sembra di annusarli. Certo che il bambino è destinato alla pleurite per tutta l'acqua ricevuta e noi usciamo con l'impressione di essere rimasti anestetizzati di fronte ad una riproduzione di una stampa orientale dietro la quale scorre invece Cyclo, dove ai buoni sentimenti si sostituisce la vita e i conflitti non trovano una soluzione pacifica, come vorrebbe la cattiva coscienza degli americani, che sono rappacificati con se stessi già solo per il fatto di riconoscere le discriminazioni del potere del dollaro e verbalizzarle o sintetizzarle ottundendo il sonoro dell'hotel alle orecchie del bambino estromesso da quel lusso anche attraverso i sensi, la stessa preclusione patita dai tassisti, che lamentano l'estromissione dagli aromi gradevoli degli occidentali.

Si può apprezzare una figura come quella del ciclotassista, un angelo del risciò che porta in salvo tutti i deboli con la sua possente pedalata, quella stessa che gli ha consentito di vincere la gara annuale grazie all'aiuto spassionato di un amico che immola le proprie chance speronando alla Schumacher il rivale per far vincere il nostro eroe come da copione, però rimane il dubbio che simili edulcorate proiezioni di altruismo inserite in un quadro quasi lezioso sia una pura idealizzazione occidentale di un Keitel che dopo aver fumato tutte le sigarette rimaste dal negozio di Smoke, l'ultimo giorno di permanenza va a bere per dimenticare quel paese, che è già inesistente se non nel suo immaginario; è comunque bello sognare.