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The Acid House
Anno: 1999
Regista: Paul McGuigan;
Autore Recensione: giampiero frasca
Provenienza: Gran Bretagna;
Data inserimento nel database: 25-10-1999


Tre episodi di estrema, quanto ordinaria, degradazione nelle periferie scozzesi. Immagine di un mondo in disgregazione, che punta al basso, che tenta di superarlo per annientarsi nel grigiore di una vita che non offre spiragli, ma solo illusorie boccate d'ossigeno. Nel primo episodio un ragazzo comincia a sperimentare su di sé l'effetto-valanga. Situazione iniziale di perfetta, illusoria e placida calma: il ragazzo si sta preparando per una partita di calcio negli angusti e sozzi spogliatoi di un campetto senza reti, in cui il gol può provenire anche da un tiro scoccato fuori di pochi centimetri. La sua squadra vince, ma il ragazzo viene ritenuto responsabile dello svantaggio iniziale a causa delle mancate chiusure operate in difesa e viene estromesso dalla compagine. In un mondo dove il nucleo vitale è rappresentato dalla triade lavoro noioso ed insoddisfacente, calcio e pub, la mancanza di uno dei tre aspetti esistenziali, forse quello che, pur tra mille difficoltà, rimane il più divertente, causa certamente uno scompenso. Distrutto moralmente il ragazzo si reca a casa dai suoi genitori, ma questi, dopo aver frustrato per interi anni le loro impellenti pulsioni sessuali, gli comunicano che è ora che si trasferisca e vada a vivere da solo. Senza il divertimento ed un'abitazione sicura in cui vivere, il giovane telefona alla sua fidanzata per comunicarle la decisione, indotta, di recarsi a vivere con lei, ma questa ritiene opportuno fargli sapere che la loro storia è finita perché lei ormai ha un altro. Lo sconforto si impossessa del ragazzo, che dalla rabbia tenta di distruggere la cabina telefonica in cui si trova, proprio nel momento in cui sta passando una pattuglia della polizia, la quale lo preleva e lo porta dentro. Qui subisce le angherie di un secondino particolarmente solerte. Il giorno seguente, tutto ammaccato, torna al lavoro dove gli viene comunicata la notizia del suo licenziamento per esubero di personale. Senza speranze il ragazzo si reca al pub e dopo poco gli si fa incontro Dio, tutto disastrato, barba lunga, pinta di birra, occhio spento dagli eccessi, capelli scompigliati, salute malferma, eloquio volgare e pazienza ormai dissoltasi dall'evolvere dei tempi. Il Padreterno gli molla con una violenza verbale inusitata un pistolotto sulla vita errata che ha condotto e decide di punirlo trasformandolo in una mosca. L'idea del ragazzo/mosca è però quella di vendicarsi del male ricevuto nei giorni precedenti, per cui inizia ad insozzare i cibi della ex-fidanzata e del suo nuovo amante, del capoufficio (che muore tra mille patimenti), ma quando tenta di disturbare il giochetto sadomaso che disgustosamente i suoi genitori stanno portando avanti, rimarrà ucciso sulla moquette rosa di casa sua a causa di un moto d'ira della madre. Il secondo episodio non è meno soffocante del primo. Un uomo sposa una donna che è rimasta incinta. Il matrimonio diventa presto un inferno: la moglie, ninfomane, esce sempre di casa senza fornire spiegazioni, si disinteressa completamente della figlia, poi comincia una relazione totalmente basata sul sesso selvaggio con il nuovo vicino di casa. Questi entra sempre più prepotentemente nella vita dell'uomo, il quale, preso dall'esasperazione, decide di troncare decisamente con la sua vita, anche perché, nel frattempo, si è avvicinato molto ad una sua collega di lavoro. Ma una sera, tempo dopo, la moglie lo raggiunge al biliardo e lo prega di ritornare con lei nonostante tutte le angherie subite. L'uomo è titubante, la sua collega lo attende nello stesso locale, ma egli accetta supinamente l'invito della moglie. Il terzo episodio narra invece la storia di un teppistello particolarmente irascibile che, dopo aver assunto un acido, si trova in un trip talemte singolare che lo fa regredire allo stato neonatale proprio mentre, nello stesso luogo in cui sta avendo il cedimento, si ferma un'ambulanza che ospita una donna che sta partorendo. Si attua così uno strano e paradossale transfert tra il teppista e il neonato: il ragazzo trasferisce la sua mente nel pargolo, mentre lo stesso ragazzo, nel letto dell'ospedale che cerca di farlo rinsavire, ha cancellato ogni sua esperienza precedente, proprio come un neonato che si affaccia alla vita. Si susseguono singolari e divertenti episodi fino a quando il ragazzo ed il neonato si incontrano casualmente dentro un pub: il transfert finalmente può annullarsi grazie all'incontro tra i due. Le cose tornano al loro posto: il bambino può vivere la sua infanzia, il teppista può preparare la rissa allo stadio. Tratto dai racconti di Irvin Welsh, The Acid House (edito in Italia da Guanda), il film di Paul McGuigan lavora essenzialmente sulla creazione particolareggiata di un universo, anche se la cosa che appare più evidente a tutta prima è il protagonismo della forma, per un'iscrizione della pellicola nei meandri di quello che ormai è il cinema postmoderno, attento al darsi in quanto film più che al significato che dalle immagini si origina. Il mondo creato in The Acid House è un universo chiuso in cui non è possibile né la catarsi né, eventualmente, una ottimistica palingenesi. Tutto concorre a creare un contesto narrativo assolutamente deprimente e claustrofobico, dove la fotografia cupa e azzurrognola e gli ambienti degradati, fatiscenti (buchi nel soffitto, muri scrostati, carta da parati corrosa dall'umidità), opprimenti nella loro angustia architettonica oppure avvilenti nell'eccesso di spazio non urbanizzato che caratterizza le zone proletarie scozzesi. Non c'è nessuna speranza nella creazione filmica di McGuigan, anche dal punto di vista della struttura narrativa: si pensi ad esempio al secondo episodio, alla forma strettamente circolare dell'assunto, con il protagonista mostrato inizialmente mentre gioca a biliardo, momento che viene ripreso consequenzialmente al termine dell'episodio, mentre, in mezzo, è stato raccontato come si sia arrivati a quella situazione che l'incontro con la ex moglie ha motivato. Ed il fatto che lo stesso protagonista spiazzi completamente la logica razionale (più che lo spettatore, il quale, se ha seguito il significante della struttura, non può che trovare un'amarissima conferma), dicendo di sì alla rappacificazione con la ex moglie, quando tutti gli eventi lo giustificherebbero a fare esattamente il contrario, non è altro che la prova evidente dell'impossibilità assoluta di poter uscire da una logica sociale perversa che ammorba lo stesso universo organizzato dal film. La forma filmica è l'altro fattore fondamentale di un film che si circostanzia tra figure filmiche non sempre appropriate relativamente al contenuto che intende esprimere. La forma assume un piedistallo da cui si erge come protagonista di primaria importanza: stop frame, grandangoli, inquadrature arbitrarie e non giustificate, montaggio frammentato accostato a piani lunghi e fluidi, casi di auricolarizzazione slegata (quando Ewen Bremner si gratta la fronte ed il rumore viene sottolineato con un aumento marcato del volume) che rinviano ad una soggettività all'interno del film, ma anche, al contempo, ad una precisa volontà enunciatrice. La macchina da presa e le modalità con cui lo stesso film viene organizzato diventano così i protagonisti di una narrazione che si lega di diritto alla concezione postmoderna, più attenta alle formulazioni metadiscorsive del cinema, relative cioè a come si porge allo spettatore il contenuto più che il contenuto stesso.