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New Year's Day
Anno: 2000
Regista: Suri Krishnamma;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Gran Bretagna;
Data inserimento nel database: 06-07-2000


New year day
Visto al Taormina Film Festival 2000Visto al
Taormina Film
Festival 2000

New Year's Day
Regia: Suri Krishnamma
Sceneggiatura: Ralph Brown
Fotografia: John De Borman
Produzione: Stephen Cleary, Simon Channing Williams
Interpreti: Andrew Lee Potts, Robby Barry, Marianne Jean-Baptiste, Jacqueline Bisset
Origine: Gran Bretagna, 2000, 101 min.

Il Capodanno è metafora di cambiamento, aprendosi verso nuove prospettive. È il "giorno dopo" che annuncia la possibilità di redenzione, anche l'ambiguo limite che ci fa intravedere la possibilità di un'altra esistenza. In New Year's Day la domanda fondamentale è: ci può essere un nuovo giorno dopo un lutto tremendo? E quali sono i percorsi da seguire, o prima ancora da individuare per liberarsi dall'angoscia della morte? Edgar Morin, in un saggio di alcuni anni fa, "L'uomo e la morte", analizzava l'esperienza antropologica del trapasso. Di fronte allo stupore per la rigidità del cadavere, per la decomposizione organica da occultare, da cui deriverebbero i vari riti di sepoltura, il terrore più forte riguarda la perdita di identità individuale.
È fortemente rappresentata anche l'esperienza della morte che ghermisce, che sottrae improvvisamente la vita ad esistenze giovani: la morte al lavoro nel momento più vitale e sensibile dell'esistenza umana, l'adolescenza. La reazione di Jake e Steven procede verso una inutile esorcizzazione della morte. Si inventano una lista delle prove da superare, una lista sigillata con il loro stesso sangue. Nella parte iniziale, durante la gita scolastica sulle nevi francesi, una videocamera registra i momenti precedenti alla tragedia, gli istanti gioiosi ed eccitati dei compagni di classe. Questi stessi momenti, dopo pochi minuti, si trasformano in immagini di morte, come se la morte si fosse insinuata segretamente nel riverbero di quei colori e suoni; sono immagini che documentano l'assenza definitiva, l'irreversibilità del tempo, la mancanza, per sempre, di quei ragazzi già seppelliti da tonnellate di ghiaccio, passati al Nulla. Krishnamma accentua, con la ripetizione tormentosa di queste immagini nel corso di tutto il film, che diventano anche incubo per i personaggi, il sentimento di angoscioso trasalimento e allo stesso tempo sono l'unica traccia, il solo possibile strumento per elaborare il lutto, perfino cercare di rispondere alla ambivalente - euforica e depressa -condizione di sopravvissuti. In questa rielaborazione di immagini dei momenti precedenti alla catastrofe, il film ricorda molto il bellissimo Il dolce domani di Atom Egoyan. E forse non è un caso che entrambi film, nella loro continua, ossessiva percezione, dolente e luttuosa del mondo, guardino al giorno dopo, come liberazione o arcana salvezza.

Il commento del regista
Mi è stato chiesto di scrivere cinquecento parole su New Year's Day: le ragioni del film, che cosa significa per me, cosa vuole dire il film, gli argomenti che tratta, ecc. Ma non ne sono capace. Certo, so quali erano le mie intenzioni quando ho cominciato questo film. Volevo fare un film sul dolore, sul modo di affrontare la sofferenza, sul lutto e sulla perdita dell'innocenza, sugli anni bui in cui non si è bambini ma non si è neanche adulti, sul nichilismo e l'anarchia, sulla lotta per trovare un senso nel mondo che odiamo, su personaggi che rifiutano il destino e cercano di vendicarsi, sul modo di uccidere la morte. Volevo anche fare un film che facesse ridere e piangere, che facesse divertire e che dimostrasse che gli argomenti seri non devono necessariamente essere deprimenti.
Quello che non volevo fare allora, e non voglio fare adesso, è parlarci addosso. Parlare di un film sembra sminuire il piacere di guardarlo. Alcuni vedranno questo film in un modo, altri in un altro. Inserite in questo film le vostre esperienze di vita e traetene qualsiasi cosa vi leggiate. I personaggi, Jake e Steven, sono i giovani sopravvissuti di una terribile tragedia, alla ricerca di un senso in un mondo che non amano e in cui non vogliono vivere. Sono giovani arrabbiati che ci suscitano emozioni e paure, vivendo, come vivono, senza regole e senza responsabilità. Suggerito dalla tragedia, il loro viaggio è una corsa in ottovolante all'interno delle loro anime, fra luce ed oscurità, con la scelta di vivere soltanto per un altro anno, durante il quale spunteranno via via dalla lista tutte le loro ambizioni più segrete. Sarà questo il loro epitaffio, e nulla potrà fermarli. Società, genitori, assistenti sociali e psicologi non potranno aiutarli. "Nessuno apprezza mai il periodo dell'adolescenza nel momento in cui lo si vive", mi ha detto un amico qualche tempo fa, "eppure una volta passata la sofferenza, quello che rimane sedimentato nelle nostre coscienze è il piacere". Ho voluto fare un film in cui può essere vero anche il contrario.
I cineasti spesso paragonano il film a un figlio: c'è il momento del concepimento, la gravidanza, il parto, la nascita, la crescita. Questo film è mio figlio. Non l'ho scritto io, né l'ho prodotto, né mi sono occupato della fotografia, delle scene, del montaggio o della colonna sonora. Ma è mio figlio. Ora l'unica cosa che posso fare è guardarlo crescere, e pregare che la sua vita sia felice. Come accade per i figli degli altri, vi formerete un'opinione personale, interpreterete le sue azioni a vostro piacimento, ma per me è mio figlio e io lo difenderò sempre, sarò sempre presente per sostenerlo, continuerò ad amarne ogni fotogramma.
Suri Krishnamma
7 dicembre 1999