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L'ospite d'inverno - The winter guest
Anno: 1997
Regista: Alan Rickman;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: UK;
Data inserimento nel database: 19-01-1998


    Un geniale direttore della fotografia staglia le figure dei protagonisti su un paesaggio incantato, che sembra spettatore dei banali travagli di quattro coppie di persone, bloccate nel gelo delle elaborazioni luttuose di vario genere: tutte variamente irrisolte all´inizio.

Le quattro situazioni intrecciate attraverso un montaggio non originale, ma efficace, documentano i conflitti che vanno componendosi tra due ragazzini ossessionati dalla esigenza di sperimentare la loro sessualità solo intuita, che entrano nella scena innevata con una blanda rissa tra loro e proseguono punzecchiandosi, finché quello che più si strugge prende la risoluzione più romantica del film; tra due adolescenti nel gelo della casa infestata da foto del morto, che sui primi momenti di sfida pongono basi per un rapporto amoroso da assaporare una volta liberati da presenze ferali, da cui Alex è attanagliato per riflesso della disperazione di sua madre Frances, incapace di superare la perdita del marito.
Il ghiaccio è il lutto, ma proprio dallo stesso gelo immoto si direbbe provenga la linfa per crescere, scuotersi dal torpore, recuperare creatività e vita, come succede a Frances al termine del lungo duello che la contrappone alla madre, a partire dalle petulanti battute iniziali sui ripetitivi temi della sua paventata fuga in Australia e sul suo taglio di capelli: se non fosse così smaccatamente attento all´aspetto minimale dei rapporti quotidiani delle persone, una scelta che stride con l´esasperata letterarietà, cozzando con il paesaggio, che incarna il sublime kantiano, il film di Alan Rickman sarebbe il massimo livello di estetismo romantico raggiunto dal cinema britannico; invece questa scelta riduce la portata poetica (e simbolica: la gattina Fanny è l´unica compagna accettata dalla sensualità di Tome nel suo cammino sull´Oceano ghiacciato) delle decisioni definitive prese dalle quattro coppie.
L´ultima delle coppie è quella pleonastica: le due anziane rasentano il bozzettismo e non aggiungono granché all´apologo sui diversi approcci al superamento di una situazione di stallo, come quella in cui il ghiaccio/morte permette di trovare risorse nella propria volontà di esorcizzare il gelo che avvolge anche l´animo, anche perché nell´epilogo si stacca dalle altre soluzioni, lasciando intendere che in quel caso l´ala gelida della morte è transitata vicino anziché venire esorcizzata, più prossima di quando le due assistono come passatempo ai funerali; in questo caso l´evoluzione del personaggio trasforma l´anziana in senso opposto rispetto agli altri: l´avvicina alla morte.

L´attenzione verso la fotografia, sia verbalmente, sia esplicitamente nel lavoro di Frances (vera nota stonata del film è la recitazione monocorde di Frances/Emma Thompson, surclassata dalla figura della madre), sia soprattutto per i pregevoli effetti visivi, offre la chiave di volta per capire il rapporto con la natura di cui la morte è parte, come il ghiaccio su cui si cammina, rischiando e affrontando la vita, sfidando la morte con la consapevolezza romantica della immanente potenza della Natura. Non innovativo, a tratti noioso, ha il pregio di offrire immagini degne dei migliori incisori; tratta argomenti angosciosi, che all´inizio fanno temere la nascita di un nuovo nipotino di Bergman (le dinamiche interne alla casa all´incipit) e lo scampato pericolo, offerto dalla scappatoia del recupero della curiosità per il mondo tramite la fotografia, fa dimenticare lo squallore del finale, quando la palingenesi viene ancora più ridimensionata ad un´accettazione della propria esistenza, rivitalizzata semplicemente con una spolverata di novità simboleggiata dalla poco originale tinteggiatura della casa, che sottindende la rinuncia alla fuga in Australia.

Permane un dubbio di fondo: cioè che l´operazione sia apparentemente venata di quel sentimentalismo, che ispirerebbe le trappole emotive, in cui facilmente si cade, mentre in realtà nasconda la vacuitý velata dalla finta quotidianità dei dialoghi iniziali e dalla tentazione della lacrimuccia scatenata da fenomeni rigorosamente normali e coinvolgenti per la loro domesticità, ma nobilitata da una veste letteraria, che però analizzata sotto questo punto di vista ammanta di ulteriore furbizia l´opera.