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Il gioco dei rubini Anno: 1998 Regista: Boaz Yakin; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 27-08-1999
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Il gioco dei rubini
Di Boaz Yakin
Con Renée Zellweger, Christopher Eccleston, Glenn Fitzgerald
Difficilmente viene fatta giustizia al titolo di un film, quando questo viene
portato in Italia: forse i nostri distributori si saranno lanciati nella gara
al titolo più fantasioso e che c'entra meno con l'originale, certo è
che spesso il danno prodotto non è di poco conto. Alle volte, poi, la
scelta di cambiare un sostantivo con un altro risulta davvero incomprensibile:
passi per "Paura e delirio a Las Vegas" al posto di "Paura e
disgusto a Las Vegas", ma perché mai "Il prezzo dei rubini"
deve diventare "Il gioco dei rubini"?
Il titolo originale è denso di significato, perché quella pietra,
nella vita della giovane donna protagonista del film, ha un altissimo valore.
"Il gioco dei rubini" è chiuso (o forse sarebbe più
appropriato dire "incastonato") tra due momenti: nel primo, un bambino regala
un rubino ad una bambina. Ma la pietra è falsa. Nel secondo, un uomo
regala un rubino ad una donna. Il gioiello è vero, è bellissimo,
ma è troppo tardi.
Al centro del film, la valutazione di una spilla che viene spacciata come un
pezzo originale francese del 19o secolo dal valore di 5000 dollari. La spilla
è molto bella, ma è un falso: è d'oro, monta uno smeraldo
vero, ma non è del 19o secolo, e lo smeraldo non è puro, ma mescolato
con acqua. Una bella fattura, ma il cui valore non è superiore agli 800
dollari.
Quella spilla è come la vita di Sonia, giovane ebrea che ha fatto tutto
quello che famiglia e comunità volevano da lei: ha sposato un uomo retto,
religioso, onesto, cui ha dato un figlio accettando di buon grado che gli venisse
imposto il nome del rabbino, quando lei avrebbe voluto piuttosto dargli il nome
del fratello amatissimo morto tanti anni prima. Mantiene la sua casa in modo
dignitoso, buono, onesto, conforme ai dettami della comunità. Una vita
pulita, ma priva di passione (tristissima la scena in cui Sonia fa l'amore con
suo marito ma da lui non le viene concesso neanche di accarezzarlo: solo i gesti
minimi necessari che servono alla procreazione, il resto e' indecenza). Onesta,
ma fredda. Buona, ma falsa. Non di una falsità immediata, evidente, ma
sottile, difficile da notare per un occhio non esperto. Proprio come è
difficile per un profano scoprire che una spilla di ottima fattura è
in realtà un falso.
Alla fine, il rubino, quello vero, quello desiderato, arriva. Ma è tardi,
e alla castonatura dovrà pensarci lei. Anche perché, in fondo,
è sempre stata la più brava di tutti, in questo.
Non so nulla del regista di questo film, ma non posso fare a meno di notare
come, da qualche anno a questa parte, le donne comincino a far sentire la propria
voce anche dall'interno di comunità arroccate su sé stesse e sulle
loro rigidissime regole. E' dello scorso anno il bellissimo "Fire",
indiano, e deve ancora uscire "Kadosh", struggente storia dal di dentro
della vita al femminile (di nuovo) in una comunità ebraica. Donne coraggiose,
donne forti, che spesso pagano carissima la loro magari minima indipendenza,
rinunciando a tutto, spesso anche alla vita. Ma nel momento della rivalsa, piccola
o grande che sia, il volto di queste donne diventa bellissimo: come è
bellissima la moglie del rabbino il giorno dei funerali del marito, per quel
piccolo grande segreto che custodisce nel suo cuore, come è bellissima
Sonia quando, scortata dai fedelissimi del rabbino torna a riprendersi i suoi
gioielli.
Un film bello, vero, destinato alle donne, ma anche a chi, alle donne, è
sempre stato accanto, forse non sempre chiedendosi fino in fondo se quello era
il posto dove volevano veramente stare.
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