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Wokou de zongji - The Sword Identity
Anno: 2011
Regista: Xu Haofeng;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Cina;
Data inserimento nel database: 16-09-2011


L’onore e le capacità militari della tradizione cinese, da sempre, racchiudono la metafora della vita. In questi ultimi anni i famosi libri di tradizione militare sono stati saccheggiati da evanescenti operatori di marketing e di comunicazione, per dimostrare la validità di una traslazione delle tecniche militari dalla guerra all’impazzito mondo finanziario. Il pensiero e la concezione vuoto/pieno dei metodi delle arti marziali, superano questo falso approccio. L’arte marziale può essere una rappresentazione della vita, però mai può essere considerata come una tecnica fine a se stessa, finalizzata unicamente alla vittoria. Lo spostamento veloce e micidiale del guerriero è un’arte della mente e della spiritualità, in cui le parti attive del vuoto e del pieno consentono un atteggiamento vitale. The Sword Identity ci racconta un momento di un cambiamento, la scelta di una spada diversa – doppia – rispetto alla tradizione cinese. L’utilizzo di questa nuova spada fu concepito – da un grande generale – per consentire ai difensori cinesi di combattere contro i pirati giapponesi, adeguandosi alle loro spade. Il film si concentra sulla tecnica di diverse scuole, nessuna delle quali ha accettato la modifica della spada. I combattimenti sono virtuali e si basano sugli spostamenti di un’ombra, sull’attesa del movimento, sulla visione di un uccellino. Concentrandosi sull’onore e sulla capacità d’adeguamento, il film analizza principalmente gli scontri, divertendosi ad aggiungere un sottile velo di ironia. La camera nei duelli deve essere altrettanto veloce, ed invisibile, come la tecnica militare. Oltre a questo manca una solidità nella storia e nei caratteri. Il linguaggio è tutto nella abilità degli operatori, mentre il regista si limita ad una visione d’insieme, in definitiva incompleta.